Il C.U.R. nella peste
(di Felice Celato)
Dal capitolo XXXV dei Promessi sposi: S’immagini il lettore il recinto del lazzeretto, popolato di sedici mila appestati; quello spazio tutt’ingombro, dove di capanne e di baracche, dove di carri, dove di gente; quelle due interminate fughe di portici, a destra e a sinistra, piene, gremite di languenti o di cadaveri confusi, sopra sacconi, o sulla paglia; e su tutto quel quasi immenso covile, un brulichìo, come un ondeggiamento; e qua e là, un andare e venire, un fermarsi, un correre, un chinarsi, un alzarsi, di convalescenti, di frenetici, di serventi. Tale fu lo spettacolo che riempì a un tratto la vista di Renzo, e lo tenne lì, sopraffatto e compreso. Questo spettacolo, noi non ci proponiam certo di descriverlo a parte a parte, né il lettore lo desidera; solo, seguendo il nostro giovine nel suo penoso giro, ci fermeremo alle sue fermate, e di ciò che gli toccò di vedere diremo quanto sia necessario a raccontar ciò che fece, e ciò che gli seguì.
Dunque il “vostro giovine” oggi si è avventurato nel "lazzaretto romano" (per la buona ragione che considera un libro come bene di prima necessità e la camminata come attività motoria consentita; e dunque passeggiata – SOLITARIA e munito di uno “scaldacollo” tirato su a mo’ di mascherina – fino alla libreria Feltrinelli di Piazza Argentina – regolarmente aperta –, con fugace affaccio nella Chiesa del Gesù, anch’essa aperta ma con ingresso laterale, monitorato da sagrestano con “mascherina”).
Se il “vostro giovine” fosse un “buon” giornalista, parlerebbe di città spettrale o di scenari surreali; ma essendo solo un modesto raccontatore di camminate eccolo a dirvi che, in giro, non c’era una cane (si fa per dire, perché qualche passante mascherato e con cane al guinzaglio in – lecita – missione fisiologica c’era); qualche piccola fila (esterna) alle farmacie e ai supermercati; tram del ritorno (l’8) vuoto (3 persone con mascherina in aggiunta al “vostro giovane” mascherato – come sopra detto – con lo “scaldacollo” usato come un burka, in altri tempi additato come pericolo per la sicurezza).
In libreria (di solito gremita a tutte le ore) 5 clienti a distanza regolamentare, anch’essi con mascherina; alle casse, un apposito cordone garantisce la distanza fra cassiere (con mascherina) e l’eventuale cliente.
Il caffè di mezza mattina – solo al tavolo (il servizio al banco è proibito), servito dal barman con mascherina – è stato bevuto in assoluta solitudine, l’inutile cucchiaino accostato alla tazzina e immerso in un bicchierino colmo d’acqua.
La Chiesa vuota (o meglio, a distanza di super-sicurezza – una dozzina di metri – c’era una fedele ) risplendeva di luce solare, per la bellissima giornata; ma alle 12 veniva chiusa e i due fedeli (il “vostro giovine” e l’altra fedele) invitati a sgombrare, quasi subito. Lo Spirito Santo, ha immaginato il “vostro giovine”, sorrideva benevolo, forse rassicurato dalla pronta adesione dei Vescovi Italiani alla sospensione delle messe nel tempo della peste.
Al ritorno ho attraversato (sempre con lo “scaldacollo” indossato a mo’ di burka) un mercatino di quartiere, di solito affollato ma oggi vuoto, coi commercianti tristemente presi dall’attività di riporre il largo invenduto.
Speriamo solo che serva (e che le conseguenze non siano disastrose come ora ci pare). Ciò che ne seguirà, a noi (differentemente da quanto accadeva al Manzoni al momento della narrazione del penoso giro di Renzo) non è noto.
Roma, 11 marzo 2020
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