martedì 15 ottobre 2019

Stupi-diario diagnostico/terapeutico

Conferme
(di Felice Celato)
Quasi due anni fa (Stupi-diario ipocondriaco, del 25 gennaio 2018) – scherzando su un neologismo, attribuito (pare erroneamente) al filosofo inglese Roger Scruton – mi ero diagnosticato una seria malattia mentale (o dello spirito?): l’oicofobia, ovvero l’avversione per la propria casa ed il proprio retaggio. Per la verità – per scrupolo diagnostico – mi riconoscevo solo uno dei due sintomi (l’avversione per la propria casa, intesa come appartenenza etnico-giuridica), mentre, per fortuna, avevo difficoltà a riconoscere la sussistenza dell’altro (l’avversione per il proprio retaggio); forse grazie al mio amore per Dante, Manzoni, Machiavelli, San Francesco, Giotto, Michelangelo e qualche altro non minore, ma disperso nei secoli.
A distanza di tempo, attraverso diuturne osservazioni dei miei più compulsivi fastidi, devo riconoscere che la diagnosi allora abbozzata (seppur, come detto, dimidiata) mi pare confermata; e, anzi, non ostante la richiesta di aiuto agli amici (non vorrei morire oicofobico, gridavo loro, implorando soccorso!), mi pare aggravata nelle sue manifestazioni più ossessive: basti pensare alla dolorosa avversione ideologica che ho maturato contro il più sacro dei simboli patriottici (il parmigiano, “che tutto il mondo ci invidia”), avversione che sta avvelenando le mie cene di sentimenti drammaticamente contrastanti (tipo il Catulliano odi et amo, ti odio con la testa e ti amo con la bocca).
E’ noto che quando si hanno certe malattie occorre tenere comportamenti atti a non aggravarne le manifestazioni; per esempio, ogni diligente agorafobo  dovrebbe astenersi dal partecipare a raduni sindacali del tipo 1° maggio a piazza San Giovanni o anche dall’andare allo stadio nel giorno di Roma-Lazio; così come, del resto, ogni coscienzioso claustrofobo evita di prendere l’ascensore, o ogni buon rupofobo  evita di andare a gettare l’immondizia in uno dei cassonetti che insozzano le nostre strade; o ogni sospettoso xenofobo  evita di girare per il mondo (o anche per le strade, ormai – fortunatamente! – policrome, del nostro stesso paese).
Ma io, povero oicofobo (sia pur dimidiato), che cosa posso fare (o almeno non fare)? Sì certo, una misura prudenziale di sicura efficacia sarebbe quella di disconnettere le TV nazional-popolari (di stato e non di stato), sicché si eviti di entrare in contatto con esse (col rischio di infettarsene) persino mentre si sta facendo zapping; oppure quella di non leggere più, per nessuna ragione, le inutili cronache dei giornali italiani e, magari, passare le serate rivedendo le vecchie partite del Milan (di quando c’era Lui!) o sfogliando giornali vecchi (come consigliava il mio professore di liceo, il compianto don Benedetto: capirete tante cose, diceva!). Tutte cose difficili da praticarsi con continuità; temo, purtroppo, che l’avversione per il nostro contorno sociopolitico e culturale, per poter essere seriamente mantenuta sotto controllo, almeno nelle manifestazioni più fastidiose, richieda una vera e propria fuga dal presente (il chiostro?) o dal domestico nazionale (l’espatrio?). Confesso di aver più fiducia nella prima forma di fuga (il chiostro), che tuttavia ragioni affettive non mi consentono di intraprendere. Allora resta l’auto-isolamento, l’auto-limitazione ai soli contatti familiari (per definizione intrisi di reciproca carità); e gli amici? Per quanto accuratamente selezionati (su base esclusivamente affettiva e intellettuale) non si può evitare che abbiano idee diverse dalle nostre (sennò sarebbero in qualche modo inutili; e del resto non ho trovato nessuno – fra i miei – affetto dalla mia patologia, per almeno condividerne il peso). A loro si può chiedere, tuttalpiù, indulgenza e comprensione per la grave malattia: ma come evitare che, magari per sbaglio, ti chiedano: Che dici del Governo? O: Che te ne pare del DEF? O: Hai letto di Papeete? E lì, allora, il male esplode in tutta la sua gravità, e le parole (ripetibili o irripetibili) fluiscono irruente a guastare la serata.
Niente da fare, ormai mi sono convinto; l’unica terapia realistica (e anche alla moda) sono gli integratori alimentari: lo zenzero (un anti-emetico prodigioso, utilissimo prima di leggere le notizie), il magnesio (la cui carenza può portare a spasmi muscolari incontrollati, tremiti e cambiamenti di personalità; e dunque più adatto alla fase di riflessione post-lettura), la calendula officinalis (che pare abbia benefici effetti sulle conseguenti ulcere, anche di origine allergica) e, infine, la papaya fermentata  (dalle straordinarie proprietà antiossidanti e anti-invecchiamento).
Nel complesso però, come al solito, la vecchia saggezza raccomanda anche agli oicofobi una vita sana, al riparo da stimoli eccessivi per le loro ridotte possibilità di sopportazione; e (secondo alcuni) anche qualche passeggiata golfistica in più.
Roma 15 ottobre 2019

P.S.: giornata piovosa, nevvero?

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