martedì 26 marzo 2019

Stupi-diario nazionale

Ccà nisciuno è fesso
(di Felice Celato)
Fra le tante “cose” di Napoli che mi piacciono immensamente (dal Cristo Velato al sartù di riso, dalla pastiera alla vista da Posillipo, da Torna a Surriento al Monastero di Santa Chiara) c’è anche la straordinaria efficacia di tante espressioni napoletane che, lo riconosco volentieri, sono entrate a far parte del mio (ma forse direi del nostro) lessico corrente: dal feroce tu tien ‘a testa pe’ spartì e rrecchie (per dire icasticamente che si stanno… sottoutilizzando largamente le proprie capacità intellettuali) al generoso scurdammoce ‘o passato (che dispone al reciproco perdono). Fra queste espressioni, c’è anche quella che dà il titolo a questo capitoletto del nostro stupi-diario, dove – come ricordano i lettori più assidui (è un po', per la verità, che proprio non ci va di scherzare!) –  di tanto in tanto proviamo a manifestare la nostra stupefazione per qualcosa di buffo, di stupido o anche semplicemente di strabiliante (in tutti i sensi) che ci capiti di osservare.
Questa espressione, dunque (ccà nisciuno è fesso), deve molta della sua diffusione mèta-partenopea alla straordinaria capacità di Totò di aggiungere paradossali ironie agli usi più correnti della lingua italiana o napoletana, facendone spesso dei buffi nonsense per sottolinearne l’incongruità generata dall’abuso (si pensi, per esempio, al famoso: ogni limite ha una pazienza). 
Ccà nisciuno è fesso, in fondo, vuole essere una orgogliosa rivendicazione di intemerata fiducia nelle nostrane capacità di afferrare la realtà e di coglierne tutte le implicazioni; e, allo stesso tempo, anche l’espressione di formale ripulsa di ogni – sempre possibile –  esterna sottovalutazione di tali nostre capacità (“Qui non siamo in America, siamo a Napoli e, come si dice, ccà nisciuno è fesso!” grida Totò al suo perplesso interlocutore, sbattendo un pugno sul tavolo).
In effetti, pur senza condividere alcun senso di nostrana supremazia intellettuale, devo riconoscere che, anche individualmente,  passare da fesso mi dispiace assai: sia quando, magari, qualcuno approfitta con successo di un momentaneo abbassamento della guardia, sicché dolorosamente occorra poi ammettere che quel qualcuno è proprio riuscito a farmi passare da fesso (non accade spesso, ma è accaduto e può ancora accadere); sia – anzi, direi soprattutto – quando mi capita di intercettare il tentativo prima che vada a buon fine e, anzi, di riuscire a sventarlo, a quel punto sdegnosamente. E’, insomma, l’offesa alla (mia) intelligenza che mi brucia, poiché – lo confesso – indulgo facilmente ad una compiaciuta e non modesta valutazione della stessa; e mi sorprende dolorosamente che qualcun altro ardisca non condividere tale valutazione.
Vabbè, vi ho con-fessato una delle (tante) mie debolezze; però sono convinto che passare da fesso non piaccia a nessuno e che lo sdegno per ogni tentativo di portare a termine l’attentato all’intelligenza altrui sia anche sentimento diffuso; anzi, per la verità e se proprio devo dirla tutta, ero convinto che passare da fesso non piacesse a nessuno. Da qualche tempo – non so dire perché –  mi pare proprio – almeno leggendo i giornali, seguendo le stanche cronache sociali che vengono diffuse o anche le opinioni di improvvisati commentatori – che una certa indulgenza agli altrui attentati all’intelligenza ed al buon senso sia diventata una specie di virtù civica; non per scelta cosciente (nessuno, certo, è andato in giro a dire: ingannatemi, prendetemi in giro, fatemi credere baggianate) ma per dolce acquiescenza verso la piacevolezza del narrato, come accade a quei bambini ormai vicini all’adolescenza che non credono più alla fiabe che i genitori raccontavano loro per addormentarli, ma, pure, si beano ancora a sentirsele ri-narrare, ben sapendo che il gatto non porta gli stivali e che il Marchese di Carabas non esiste e non ha ricche riserve di caccia.
In sostanza: ccà nisciuno è fesso ma se qualcuno ci fa fessi, faccia pure, noi non ci offendiamo affatto. Anzi, ci fa quasi piacere.
Non vorrei che – poiché ogni limite ha una pazienza– prima o poi ci ritrovassimo a dire con rimpianto: eppure ccà nisciuno era fesso. Come, in fondo, ci è già accaduto.
Roma 26 marzo 2019



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