(di Felice Celato)
Dicevo, sabato, che avrei qui riferito, a lettura ultimata, le mie impressioni di lettore (non di critico letterario, quale non sono!) sul libro di Michel Houellebecq Serotonina (La Nave di Teseo, 2019) appena uscito e da molte parti presentato come una specie di evento profetico-letterario.
Dunque, piuttosto che recarmi a Ciampino per seguire in diretta, fra ministri e militari, l’evento dell’anno (il rimpatrio di un latitante), eccomi qui a buttare giù qualche riga di commento, dopo aver dedicato alla lettura l’intero pomeriggio e la serata di ieri (per il conforto del mio oculista: l’edizione è tipograficamente esemplare!).
Dico subito che si tratta di un romanzo di agevole e avvincente lettura, ancorché, in fondo, la storia narrata sia quella di una incurabile depressione con sfumati pensieri suicidi (un classico della letteratura, del tipo del francesissimo e più problematico Lo straniero di Albert Camus, per non andare lontani): l’io narrante vive la sua esistenza sentimentale come il fallimento di chi non è riuscito a stabilizzare l’unico rapporto d’amore che ha intensamente vissuto e che gli resterà sempre incollato nell’animo; e scambia la ricerca di un equilibrio farmacologico con la rinuncia alla sessualità che pure ha caratterizzato molte delle sue storie superficialmente sentimentali. I vaghi accenni alle tematiche religiose dell’esistenza, soprattutto quelle dell’ultima pagina, ancorché forse estranei alle corde dell’autore, mi sono tuttavia parsi di qualità, nel contesto narrato.
Si potrebbe pensare – non senza ragione – che si tratti di una lettura inadatta al gloomy landscape di cui parlavamo giusto sabato scorso (e forse anche al blue mood che da qualche tempo ci accompagna); ma devo dire che la scrittura di Houllebecq ha anche delle venature umoristiche che stemperano la pesantezza dell’intensa introspezione dell’io narrante. Alcuni potrebbero – anche qui: non senza ragione – sentirsi disturbati dal linguaggio sfacciatamente esplicito col quale l’io narrante ci relaziona, con minuzioso dettaglio, sulla sua complessa vita sessuale; io non ne faccio una questione.
Detto ciò, francamente non credo che il libro di Houellebecq abbia le caratteristiche che ho visto attribuirgli da qualche critico, forse memore del best seller dello stesso autore Sottomissione, del quale abbiamo parlato qui diverse volte nel 2015: gli eventi esterni alla lunga introspezione (le contraddizioni fra politiche agricole comunitarie e aspettative degli agricoltori francesi, qualche accenno al connesso tema della globalizzazione, il deserto relazionale urbano, etc) non mi sono parsi centrali, anche se in un caso (quello delle dimostrazioni degli agricoltori) narrativamente non irrilevanti.
In sintesi estrema: una lettura non banale e forse anche gradevole; non direi un libro memorabile.
Roma, 14 gennaio 2019
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