Gloomy landscape
(di Felice Celato)
Gerica, ognuno lo capisce, non è la moglie di Gerico. Infatti Gerico non era un uomo ma un villaggio vicino a Gerusalemme, proprio quello verso il quale si dirigeva il buon Samaritano della parabola evangelica, nota anche ai laici più incalliti (Noi paulotti ne ricordiamo anche le coordinate evangeliche: Lc.10, 30-37: un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico….Invece un Samaritano…passandogli accanto…ne ebbe compassione...etc).
Gerica è invece una parola da me inventata come scramble sillabico di una sigla (Carige) che in questi giorni è sulla bocca di molti (sicuramente di troppi) per le sfortunate vicende di una importante banca locale (di interesse quindi senz’altro meta-regionale) del cui destino si discute con la consueta baldanza che si risolve nel solito insopportabile scramble concettuale. Non sono, cioè, solo le sillabe che vengono strapazzate come fossero un uovo; sono proprio i “pensieri” che appaiono strapazzati (scrambled, appunto), partim per una diffusa, soverchiante sconoscenza della materia, partim per la necessità “politica” di comunicare nuovi slogan, che mettano d’accordo i precedenti slogan (di senso contrario) con le esigenze del fare ciò che – bene o male, forse più male che bene – si è fatto in passato in analoghi casi.
Non è il caso di entrare, qui, nel merito tecnico della vicenda (su qualche giornale sono state scritte anche cose sensate al riguardo): se non la verità (da me) tanto sperata per l’anno ormai in corso, almeno alcuni esercizi di buon senso sarebbero, però, alla portata dei più (e, credetemi, sarebbero anche semplici!). Ma non sembra ci sia verso di promuoverli, questi esercizi; meglio strapazzare l’uovo del buon senso e della realtà, perché a berlo intero rivelerebbe di non essere proprio fresco! E allora, tanto vale fare la fiera delle parole, Gerica, Cageri o Carige, salvataggio, nazionalizzazione, bail-in, bail-out, operazione di mercato, lista dei favori, etc. Poveri noi!
Per nostra maggior sfortuna, intanto, le cose economiche del nostro paese non vanno meglio; e ci si aspetta per l’ultimo trimestre dell’anno appena ultimato un altro risultato negativo, dopo quello piatto del trimestre precedente. [By the way: quando l’economia non va bene non possono certo andare bene le banche che all’economia somministrano il “carburante” finanziario; N.B.: pochi mesi fa, gli NPL, i cosiddetti Non Performing Loans ancora in circolazione, cioè i crediti bancari fortemente deteriorati, erano stimati in oltre 250 miliardi di €, qualcosa come il 15 % del PIL. E. di questi, una trentina netta ancora nei bilanci delle banche, senza contare quelli in via di deterioramento. Chiusa la parentesi.]
Mi aspetto, dunque, per quando uscirà il dato del quarto trimestre 2018 (e quindi per l’intero anno decorso), il consueto scramble verbale sotto il quale seppellire un altro pezzo di buon senso e di percezione del reale. L’economia – in Italia, in Europa o nel mondo – è una macchina che per camminare ha bisogno di quella miscela di certezze e di speranze che si chiama fiducia nel futuro; e francamente, a breve, non se ne vedono i fondamenti, almeno nel nostro mondo occidentale: gli Usa non li capisce più nessuno (tranne forse quelli che hanno positivamente votato per Trump e che ancora non se ne siano pentiti); l’Europa attende col fiato sospeso le elezioni come se fossero l’ordalia nella quale si decide l’equilibrio fra le forze centripete e quelle centrifughe; l’Italia – per quel poco che rileva nell’economia del mondo – sembra affannata più che mai nel disfare e nel gridare piuttosto che nel fare, nell’affettare la torta piuttosto che nell’impastarne una più grande.
In questo quantomeno sospeso contesto, pur con tutte i necessari distinguo, chi – nel nostro mondo Occidentale – dovrebbe spingere la produzione, il consumo e la crescita?
Roma 12 gennaio 2019
P.S.: E, per quanto miseramente mi concerne, dove potrei trovare argomenti non deprimenti da discutere coi miei amici? Per distrarmi, sto leggendo il nuovo romanzo di Houellebecq: ho appena cominciato e spero che valga la pena riferirvene presto.
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