….e storie di sempre
(di Felice Celato)
Credo di aver già ricordato
su questo blog il paradossale
consiglio che – quando ero giovane liceale – il professore d’Italiano (era un
prete, anche se la scuola era pubblica) dava a noi, suoi attenti alunni, che gli
chiedevamo se ritenesse culturalmente meritevole di pratica la quotidiana
lettura dei giornali: Certamente!
disse più o meno don Benedetto. Però non
quelli del giorno; cercate di procuravi giornali vecchi e leggendoli capirete
molte cose, del mondo, del tempo e
dei giudizi degli uomini.
Oggi, praticare il
consiglio di don Benedetto è certamente più facile: molti quotidiani hanno
digitalizzato i loro archivi e via internet
è facile consultare vecchi numeri la cui edizione cartacea è già da tempo
servita per incartare il pesce (come accadeva, almeno nel mio paese di
pescatori, di ogni pur austero giornale il giorno dopo la sua uscita nelle
edicole; e come tuttora potrebbe ancora accadere….non senza giustificata
ragione e con buona pace dei pesci). Per di più, ogni tanto, qualche giornale (abbastanza regolarmente e meritoriamente il
Foglio ) pubblica qualche pagina o qualche lungo brano tratto da vecchi
giornali. Così stamattina, di buon ora, proprio sull’edizione del fine
settimana de il Foglio, mi sono
riletto un Appello ai Siciliani
lanciato nel 1959 (anche allora si era alla vigilia di un’elezione regionale)
da don Luigi Sturzo, come noto, fondatore del Partito Popolare nel 1919, strenuo
oppositore del fascismo, esiliato per molti anni e co-ispiratore della Democrazia
Cristiana nel dopoguerra.
Chi mi conosce sa che
preferisco nettamente i preti che parlano di Dio (e ce n’è tanto bisogno!) e
frequentano le Scritture anziché quelli che pontificano di politica e frequentano i
giornali (anzi, qualche giornale; talora, addirittura, per scrivervi compiaciuti). Ma, nel 1959 si era appena a un decennio dalla nascita della
Repubblica, la caduta del fascismo era ancora calda, ancora incombevano sul
nostro Paese i rischi del comunismo (che abbiamo schivato grazie alla grande leadership di alcuni), l’analfabetismo
specie nel Mezzogiorno raggiungeva percentuali impressionanti (dell’ordine del
25 %); e dunque si può ben capire che i preti (anche assai avanti con l’età
come era allora don Sturzo, che, anzi, proprio nel 1959 morì, ottantasettenne)
facessero parte di un élite
intellettuale alla quale era inevitabile attingere (come del resto avveniva, a
quei tempi, in molti paesi della nostra penisola…. e non solo a Brescello) per
mobilitare la rincorsa del Paese al benessere economico ed al recupero della
sua dignità, gravemente compromessa dal fascismo e dalla guerra.
E dunque, lo
“sconfinamento” politico si può (anche nella mia ottica) ben perdonare al
sacerdote siciliano, divenuto, peraltro, nel frattempo, anche nel suo ambiente,
un personaggio politicamente controverso: basterà ricordare la frattura con De
Gasperi sulla questione dell’alleanza elettorale a Roma fra cattolici e
Movimento Sociale, alla quale De Gasperi si oppose con grande fermezza (e con
successo) anche a costo di un’ingiusta umiliazione inflittagli dal Papa Pio XII
che, pare, di quell’operazione fosse addirittura l’ispiratore (ne parla
diffusamente il libro di Piero Craveri: De
Gasperi, il Mulino, 2006, pgg 533 e sg; e vale la pena di rileggervi lo
stupendo, addolorato commento che ne fece il cattolicissimo De Gasperi). Del
resto alcuni brani dell’Appello ai
Siciliani di don Lugi Sturzo meritano tutt’oggi di essere riletti, anche al
di fuori dell’ambito siciliano che li aveva ispirati: Le statalizzazioni, le regionalizzazioni sono i nemici della
produttività e della stessa classe lavoratrice, bisogna avere il coraggio di
affermare questa verità e di difenderla nel campo pratico. La Regione dovrebbe
limitarsi a dare esenzioni fiscali o concorsi integrativi: non pretendere di
fare il doppione dell’infausto Ministero delle Partecipazioni Statali che è uno
dei bubboni politico-economici dello statalismo imperante.
Che dire? Parole “sante”!
Don Benedetto avrebbe detto
ai suoi alunni: vedete gli uomini si sbattono sempre attorno alle stesse cose;
passa il tempo (quasi 60 anni), cambia la scala (regionale o statale) e i nostri mali sono sempre gli stessi anche
se, talora, (a parole) ci pare di vederli
chiaramente.
Non ho letto gli appelli
che – ne sono sicuro – tutti i candidati alle elezioni regionali siciliane avranno
rivolto ai loro elettori; sono però certo della nobiltà delle loro parole,
sicuramente paragonabile a quella dell’appello di Sturzo. Domani (quando gli
scrutatori saranno comodi) vedremo che ne pensano i Siciliani.
Roma 5 novembre 2017
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