Moralismi fuori luogo
(di
Felice Celato)
C’è
una cosa che proprio non sopporto (rectius:
ci sono molte cose – troppe? – che non sopporto – più – ma oggi scelgo questa):
ed è il moralismo, inteso per tale l’introduzione – di solito pomposa – di
considerazioni apparentemente di natura etica per supportare tesi altrimenti
difficili da argomentare, spesso radicate in pre-giudizi (giudizi preventivi)
su fatti e cose che si vogliono apoditticamente invocare o scongiurare (magari
per motivi assai distanti dalla morale). Aggiungo che – sia ben chiaro: per mio
pre-giudizio statistico – spesse volte mi pare di cogliere atteggiamenti
moralistici proprio in persone della cui moralità (mi riferisco qui a quella
civile, non a quella personale che non sono certo io a voler o poter
giudicare) mi viene spontaneo dubitare;
e – sempre per pre-giudizio statistico – mi capita di rilevare tanto maggior
pomposità quanto più forti sono quei miei dubbi.
Fatta
questa premessa sulla dinamica delle mie percezioni, vengo al sodo: a leggere i
giornali (perniciosa abitudine quotidiana assai difficile da debellare, anche
in vacanza) sembrerebbe diffuso tra politici e cittadini abbronzati un profondo
e radicato disprezzo per i cosiddetti scafisti dei quali siamo riusciti anche a
delineare un’assimilazione agli schiavisti (vedasi il post Stupi-diarium imbecillitatis, di oltre due anni fa, del 25 aprile del 2015).
Sia
ben chiara un’altra cosa, prima di procedere (data la materia, i fitti disclaimers sono necessari): certamente
l’infame mestiere può bene difficilmente trovare difensori o simpatizzanti; e
certamente non è mia intenzione misurarmi, io, in un esercizio tanto
deplorevole.
Il
fatto è però che – sempre leggendo i giornali – pare che tutta la nostra
recente politica sul contrasto all’immigrazione sia fondata sul nostro
disprezzo per gli scafisti; non, cioè, sulla necessità di gestire in modo
indiretto un tema che non abbiamo saputo né voluto affrontare in modo
diretto, ma solo sulla nostra volontà di porre fine al turpe mercato presidiato dagli scafisti.
Diciamoci
la verità: se gli scafisti trasportassero rifugiati in paesi diverso dal
nostro, di loro non ci interesserebbe un fico secco! Come, del resto, non ci
importa un fico secco degli human
smugglers fra Mexico e Usa! Come, in fondo, poco più di un fico secco ci
importa, ahinoi!, della sorte dei rifugiati che vengono rispediti nei luoghi di
detenzione libici.
E,
dunque, al riparo da ogni considerazione etica, guardiamo pensosi la nuova policy governativa – a me non del tutto
chiara nelle finalità di medio periodo – che ha dalla sua e per ora un
insuperabile punto di forza politico: qualche tangibile risultato positivo
sulla strada della limitazione di un problema che - mi ripeto - non abbiamo saputo (o
voluto) affrontare diversamente (per
ora; perché prima o poi occorrerà farlo, volenti o nolenti, stiamone certi!). E
di sicuro “scoraggiare” la traversata del Mediterraneo sui barconi degli infami
ha una sua autonoma utilità.
Non
abbiamo letto senza frutto il nostro Niccolò Machiavelli per ignorare che morale
e politica operano in ambiti separati. Però abbiamo fatto anche altre letture
non meno importanti (da Antigone a Se questo è un uomo), e vissuto
esperienze nelle quali tale separazione di ambiti ha provocato tragedie che è
vergognoso persino ricordare (vergognoso per l’uomo, intendo dire).
Allora,
per favore, non usiamo argomenti moralistici a supporto di scelte politiche di
breve respiro perché la morale o non c’entra (Machiavelli) o, se c’entra
(Antigone), proprio non aiuta a supportare le azioni che vediamo porre in
fruttuoso campo: volevamo limitare gli sbarchi perché proprio non sappiamo che
farcene dei rifugiati? Bene. Così, per ora e in qualche modo, ci stiamo
riuscendo. I pur giusti furori morali contro gli scafisti, non c’entrano, e
dunque non li tiriamo in ballo. Sempre per favore.
Orbetello,
14 agosto 2017
PP.SS.
(due post scriptum, post-scrtiptums, direbbero in una banca d'affari, non
Partecipazioni Statali!): (1) in materia
così seria mi ha fatto sorridere che fra le armi sciorinate per porre un freno
alle attività delle ONG si è perfino minacciato di dar corso a minuziosi
accertamenti burocratici su tutta la trafila di licenze necessarie alla loro
attività. Una minaccia – quella della burocrazia italiana – che avrebbe domato persino Kim Jong Un, con
tutto il suo potenziale atomico! (2) Leggo sulla stampa internazionale (Les Echos che citava il Financial Times) che, secondo un
sondaggio della tedesca Forsa, Angela
Merkel è sostenuta dal 57% dei giovani fra i 18 e i 21 anni (contro il 53%
sulla intera popolazione tedesca) pour sa
défense d’une politique accueillante des réfugiés en Allemagne. Questo è il
popolo (e questi sono i leaders) che
in 70 anni hanno reso la Germania la
punta di diamante dell’Europa!
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