sabato 19 agosto 2017

Barcellona, 17 agosto

L’agosto comincia a calare, l’estate volge al suo declino naturale, anche quest’anno portando con sé il suo sciame di morti. Anche quest’anno, da Barcellona, come già nel luglio del 2016 da Nizza, i nostri tristi pensieri volgono ancora a quella drammatica svolta della storia della nostra vita che fu l’11 settembre 2001: strumenti di vita (stavolta un banale furgone) trasformati in strumenti di morte collettiva, stavolta nel bel mezzo del “rito” vacanziero del nostro Occidente.
Le descrizioni tragiche, le emozioni degli scampati, gli automatici proclami di fiera resistenza dei nostri stili di vita, le “ricostruzioni” delle vite dei macellai, le “analisi” un po’ logore, le parole di sempre: anche questo rischia di diventare una sequenza ricorrente, un triste contrappunto della tragedia. Parole nuove non mi vengono, parole nuove non sento dattorno; provo con qualche parola vecchia di anni (da Uomo del mio tempo, di Salvatore Quasimodo):

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo….
Hai ucciso ancora…….
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello
- Andiamo nei campi –. E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

E altre, brevissime, che non sono né nuove né vecchie, per i morti senza senso: Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis.  Requiescant in pace.


Orbetello, 19 agosto 2017

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