Di rimando in rimando
(di
Felice Celato)
Non
c’è dubbio che anche un non remoto angolo di vacanza consente spazi e tempi per
una contemplazione della natura che, nelle grandi città e nei tempi concitati
che viviamo per gran parte dell’anno, è assai più difficile da praticare. Anche
il solo affacciarsi, nella calura pomeridiana, sui colli che vanno verso il
vicino mare Tirreno aiuta in questo piccolo e forse desueto esercizio che, per
me, è forse il maggior beneficio della vacanza; persino una passeggiata vicino
ai boschi per lontani intenti golfistici può tornare utile. L’altro ieri, poi,
abbiamo avuto, all’imbrunire, lo spettacolo di un’imponente eclissi lunare che,
per la sua natura, accompagna molto bene la deriva dei miei pensieri quando
guardo al creato come tale: la potenza della creazione.
E
così, di rimando in rimando, sempre cercando di tenermi lontano dai noiosi
rumori del nostro contesto, mi è capitato di pensare al dito di Dio, il simbolo
della potenza creatrice (basti pensare alla sua plastica rappresentazione ne La creazione di Adamo di Michelangelo,
sulla volta della Cappella Sistina) e del suo rapporto con l’uomo (il dito di
Dio che scrive sulle tavole di pietra – in Es 31,18 –, l’annuncio del Regno – se io scaccio i demoni col dito di Dio,
allora è giunto per voi il regno di Dio, Lc 11,20 –, l’attributo dello
Spirito Santo – dexterae Dei tu digitus
– , etc). Il dito di Dio è il simbolo di una potenza che “limita” sé stessa
esprimendo, ciò non ostante, la meraviglia del creato e l’attenzione di Dio per
le Sue creature, attraverso un organo in fondo debole come un dito; non serve nemmeno
il braccio possente di Dio che, pure, noi invochiamo spesso in nostro soccorso
nei Salmi; basta il Suo dito per dare la vita all’uomo-creatura, per difenderlo
ed assisterlo, per annunciargli il regno che Lui ha pensato per l’uomo.
Certo
l’arte ha fatto molto per rappresentare la forza semplice di questo dito. Non a
caso La creazione di Adamo di
Michelangelo è forse uno dei dipinti più impressi nella memoria della nostra
cultura. Ma – di rimando in rimando, appunto – mi viene in mente un’altra
rappresentazione del dito di Dio in una funzione più diretta e penetrante,
quasi una pro-vocazione personale, come fosse rivolta a me (a ciascuno di noi):
è il dito di Gesù ne La vocazione di
Matteo di Caravaggio (cappella Contarelli, san Luigi de’ Francesi a Roma).
Il gesto del dito di Gesù che chiama Matteo mentre attende alle sue cure di
pubblicano ha la stessa morbidezza del dito di Dio ne La Creazione di Adamo: anche qui una potenza che si limita, non c’è
una tensione impositiva, non è teso il dito di Gesù, è un invito, una chiamata
alla quale Matteo può anche non rispondere o rispondere come fa nel dipinto,
con perplessa curiosità espressa, anche qui, con un dito puntato dall’apostolo
al suo stesso petto: “E’ proprio me che cerchi? Sei sicuro di non sbagliarti?”.
Ecco: un dialogo fra dita, .....digitale si scherzerebbe oggi; ma un dialogo
straordinariamente personale nel quale è la luce (la Luce) a farla da padrone,
illuminando una scena per tanti versi ombrosa.
Dall’eclissi
di luna siamo arrivati alla domanda per ciascuno di noi, di rimando in rimando:
era rivolta a noi la scena dell’eclissi, anch’essa in fondo uno straordinario
gioco di luci e di ombra?
“E’
proprio me che cerchi? Sei sicuro di non sbagliarti?”…ci sarebbero buone ragioni
per pensare che ti sbagli, ma il Tuo dito esprime un invito chiaro, sembreresTi
avere le idee chiare, non ostante l’ombra. La luce che mi colpisce mi fa
pensare (sperare e temere) che mi abbia visto bene. Nonostante me.
Orbetello,
9 agosto 2017
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