.......voglio dire, così andava nel secolo XVII .
(di Felice Celato)
Ognuno sa chi erano (nel '600, intendo) i bravi; ma per rinfrescare le lontane
memorie letterarie che costituiscono il patrimonio della nostra cultura di
Italiani (e forse non dei nostri vigorosi governanti), giova tornarci sopra,
attingendo dal Capitolo I de I promessi
sposi ( e quindi sentendoci autorizzati a “sforare” – chissà come sarebbe
contento l’on. Fassina! – dai consueti limiti dimensionali che ci siamo dati
per questi post)
Le parti in grassetto
sono, ovviamente, una nostra sottolineatura.
Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridissima in Lombardia, e già
molto antica. Chi non ne avesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che
potranno darne una bastante de' suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e della sua dura e rigogliosa
vitalità.
Fino
dall'otto aprile dell'anno 1583, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo signor
don Carlo d'Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese
d'Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia,
Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maestà Cattolica in Italia, pienamente
informato della intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa città di
Milano, per cagione dei bravi e vagabondi, pubblica un bando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti
coloro essere compresi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi...
i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od
avendolo, non lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso, s'appoggiano a
qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spalle e
favore, o veramente, come si può presumere, per tendere insidie ad altri...
A tutti costoro ordina che, nel termine
di giorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a' renitenti, e
dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e indefinite
facoltà, per l'esecuzione dell'ordine.
Ma, nell'anno
seguente, il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Città è
tuttavia piena di detti bravi... tornati a vivere come prima vivevano, non
punto mutato il costume loro, né scemato il numero, dà fuori un'altra
grida, ancor più vigorosa e notabile, nella quale, tra l'altre ordinazioni,
prescrive:
Che
qualsivoglia persona, così di questa
Città, come forestiera, che per due
testimonj consterà esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver
tal nome, ancorché non si verifichi aver
fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione di bravo, senza altri
indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento, per
processo informativo... et ancorché
non confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto
triennio, per la sola opinione e nome di bravo, come di sopra. Tutto ciò, e il di più che si tralascia, perché Sua Eccellenza è risoluta di voler
essere obbedita da ognuno.
All'udir
parole d'un tanto signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da tali
ordini, viene una gran voglia di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i
bravi siano scomparsi per sempre. Ma la testimonianza d'un signore non meno
autorevole, né meno dotato di nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario.
È questi l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco,
Contestabile di Castiglia, Cameriero maggiore di Sua Maestà, Duca della Città
di Frias, Conte di Haro e Castelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di
quella delli sette Infanti di Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno dell'anno 1593, pienamente
informato anche lui di quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabondi, e
del pessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il ben pubblico, et in
delusione della giustizia, intima loro di nuovo che, nel termine di giorni
sei, abbiano a sbrattare il paese, ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le
minacce medesime del suo predecessore. Il
23 maggio poi dell'anno 1598, informato, con non poco dispiacere
dell'animo suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il
numero di questi tali(bravi e vagabondi), né di loro, giorno e notte,
altro si sente che ferite appostatamente date, omicidii e ruberie et ogni altra
qualità di delitti, ai quali si rendono più facili, confidati essi bravi
d'essere aiutati dai capi e fautori loro... prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo la dose, come s'usa
nelle malattie ostinate. Ognuno
dunque, conchiude poi, onninamente si guardi di contravvenire in parte
alcuna alla grida presente, perché, in luogo di provare la clemenza di Sua
Eccellenza, proverà il rigore, e l'ira sua... essendo risoluta e determinata
che questa sia l'ultima e perentoria monizione.
Non fu
però di questo parere l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don
Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes,
Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per
buone ragioni. Pienamente informato
della miseria in che vive questa Città e Stato per cagione del gran numero di
bravi che in esso abbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme
tanto pernizioso, dà fuori, il 5
decembre 1600, una nuova grida piena anch'essa di severissime comminazioni, con
fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano
onninamente eseguite.
Convien
credere però che non ci si mettesse con tutta quella buona voglia che sapeva
impiegare nell'ordir cabale, e nel suscitar
nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, per questa parte, la storia
attesta come riuscisse ad armare contro quel re il duca di Savoia, a cui fece
perder più d'una città; come riuscisse a far congiurare il duca di Biron, a cui
fece perder la testa; ma, per ciò che
riguarda quel seme tanto pernizioso de' bravi, certo è che esso continuava a
germogliare, il 22 settembre dell'anno 1612. In quel giorno l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor
Don Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc.,
Governatore etc., pensò seriamente ad
estirparlo. A quest'effetto, spedì a
Pandolfo e Marco Tullio Malatesti, stampatori regii camerali, la solita grida,
corretta ed accresciuta, perché la stampassero ad esterminio de' bravi. Ma
questi vissero ancora per ricevere, il
24 decembre dell'anno 1618, gli stessi e più forti colpi dall'Illustrissimo ed
Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez de Figueroa, Duca di Feria,
etc., Governatore etc. Però, non
essendo essi morti neppur di quelli, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo
Signore, il Signor Gonzalo Fernandez di Cordova, sotto il cui governo
accadde la passeggiata di don Abbondio,
s'era trovato costretto a ricorreggere e ripubblicare la solita grida contro i
bravi, il giorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un mese e due giorni prima
di quel memorabile avvenimento.
Né
fu questa l'ultima pubblicazione; ma noi
delle posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dal
periodo della nostra storia. Ne
accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell'anno 1632, nella quale
l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de Feria, per la
seconda volta governatore, ci avvisa che le maggiori sceleraggini procedono
da quelli che chiamano bravi. Questo basta ad assicurarci che, nel
tempo di cui noi trattiamo, c'era de' bravi tuttavia.
Bene. Fin qui I promessi sposi; del resto – come abbiamo appena visto – Manzoni
precisa che delle pubblicazioni “posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa
che esce dal periodo della nostra storia”.
Roma 13 dicembre 2014
(santa Lucia)
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