sabato 1 febbraio 2014

Stupi-diario del pianto e del riso

Svirgolare
(di Felice Celato)
“Non piangiamoci addosso” dice una mia vigorosa amica; e sicuramente ha ragione. Il piangere sui mali del presente non è mai di per sé produttivo, anche se, mi pare di ricordare, Achille, prima di far strage di Troiani, pianse lungamente sulle spoglie del povero Patroclo. Questione di carattere, certamente: il buon Amleto, per esempio, con la sua complessa introversione, dal suo lungo lamento per la uccisione del padre, non ricavò che danni, per sé e per gli altri.
Proviamo allora la strada del riderci addosso, sicuramente più impervia nel presente ma certamente più gratificante, più divertente e, speriamo anche, sull’assicurazione della mia amica, più produttiva.
Bene, proviamo allora: teoricamente la materia non dovrebbe mancare.
Apriamo il giornale di oggi e cerchiamo (non nascondo, in concreto, la difficoltà di trovare spunti di riso, ma andiamo avanti con determinazione): il Vice Presidente della Camera, on.le Luigi Di Maio, commentando gli episodi grotteschi (?) del “dibattito” parlamentare di questi giorni, dice, almeno in parte assennatamente: ”Non siamo abituati a parlare in pubblico, a volte svirgoliamo!” Che cosa voleva dire il Vice Presidente della Camera dei Deputati?
Il Devoto-Oli riporta due significati per “svirgolare”; il primo: "colpire con violenza". Non mi pare si adatti al pensiero del Vice Presidente della Camera, che tutto sommato intendeva, forse, ridimensionare gli episodi de quibus. Proviamo col secondo: "nel gioco del calcio, colpire di striscio la palla, sbucciarla". Non ostante l’insopportabile abuso di metafore calcistiche in politica proprio della nostra limitata cultura (esempi: il “gioco di squadra” tanto caro ad Enrico Letta, il “catenaccio” richiamato spesso dagli ostruzionisti,  “la melina” degli epigoni tardi del peggiore democristianismo, etc), anche qui mi pare che la seconda accezione dello svirgolare non si attagli al pensiero del nostro. Evidentemente, direi, con l’”a volte svirgoliamo”, si voleva dire altro: che cosa? Non so, ma forse si voleva dire che, mettendo a posto le virgole, gli insulti, le spinte e le grida di ieri, potevano anche andar bene.
Ci ho provato, amica mia, ma, anche se mi viene da sorridere della mini-ricerca filologica, a ridere proprio non ci riesco. Anzi, ostinatamente mi viene quasi da piangere…..

Roma, 31 gennaio 2014

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