Il Cavallo rosso
(di Felice Celato)
E' veramente difficile, nelle poche righe di un post, dare un giudizio articolato su una
lettura tanto importante quale è quella che mi ha felicemente preservato in
questi giorni dal fastidio di seguire le povere cose del nostro affannato e
affannoso paese; in effetti Il Cavallo
rosso di Eugenio Corti (Ares editore) più che un grande romanzo è una
raccolta di tre romanzi in sequenza (assai infelice la scelta dell'editore di
pubblicarli in un unico, scomodissimo volume di circa 1300 pagine, scritte per
di più a caratteri minuti!) che coprono, per oltre 30 anni della nostra storia
recente ( dal 1940 al 74), le vicende di una famiglia e di un piccolo gruppo di
suoi amici (tutti, o quasi, lombardi, anzi brianzoli), prima, attraverso la
guerra ( in Russia, Africa, Albania e Italia), poi, dalla caduta del fascismo,
alla resistenza, alla nascita della democrazia e al grande boom fino, appunto,
agli anni 70.
Al di là delle avvincenti e terribili vicende di guerra narrate con
grande maestria da un autore che ne è stato in larga parte drammatico testimone diretto (nel libro, si
individua la persona dell'autore proprio in uno dei co-protagonisti, Michele
Tintori) ciò che più connota il romanzo nel suo complesso ( o meglio, come
dicevo, i tre romanzi in sequenza Il
Cavallo rosso, Il Cavallo livido
e L’albero della vita) sono la sua
esplicita matrice culturale cattolica, anche di taglio austero e conservatore,
antifascista ma soprattutto marcatamente anticomunista, e la profonda sensibilità religiosa di gran parte
dei suoi personaggi principali,
Con tali connotazioni (anticomunista, cattolico e, per di
più, pio) non c'è da stupirsi che l'autore, recentemente scomparso all'età di
93 anni, abbia subito per molti anni, nell'ambiente culturale che ci troviamo,
una specie di ostracismo ideologico che
ne ha limitato, almeno in Italia, la fortuna ( io stesso l'ho conosciuto solo
da qualche "coccodrillo" comparso sui giornali di questo mese, in
occasione appunto della sua morte); ma forse, più che la fortuna ( in fondo il
libro, uscito nel 1983, ha conosciuto ben 28 edizioni), ad esserne limitata è
stata la notorietà più larga, per intenderci quella di cui hanno goduto tanti
imbrattacarte nostrani dotati di ben altre " tessere ideologiche".
Tornando al libro, direi anzitutto che si tratta di un
romanzo - anzi di tre romanzi - a pieno titolo “storico”, nel triplice senso
che la storia ne è la vera protagonista, anzi l'antagonista dei personaggi
principali, che storiche ne sono le vicende da loro attraversate (narrate anche con scrupolo documentale) e che
storici (cioè reali) sono diversi dei personaggi che qua e là vi compaiono con
maggiore o minore peso (alcuni col proprio nome, da Don Gnocchi a Nilde Iotti a
Mario Apollonio, altri in sigla, altri allusivamente) a cominciare dall'autore stesso, come dicevo
sopra, sia pure, questo, sotto altro nome.
Ma si tratta soprattutto di un'opera profondamente
cristiana, pervasa da una religiosità intima e forte, una fede tenace nella
Provvidenza che si accentua nella drammaticità di molte delle vicende narrate
soprattutto nei primi due grandi romanzi ( Il
cavallo rosso, che dà il titolo alla raccolta, e Il cavallo livido), ma che permane robusta e commovente lungo tutta
la narrazione, fino all’epilogo teneramente metafisico. I personaggi principali
vivono la loro vita in piena adesione alla loro fede, anche in circostanze
mortali, non come santi ma come uomini e donne pienamente convinti che la storia
può macinare le loro esistenze, come sempre accade agli uomini, ma non i loro
veri destini che tutti sentono radicati in una altra storia non scritta da mani
d'uomo, nella quale la salvezza ha la natura di un dono da accettare vivendo (
o anche morendo).
Come è ovvio, una narrazione di 1300 pagine ha
inevitabilmente anche qualche pagina
stanca che, nella nostra, si addensano, secondo me, nel terzo romanzo (L’albero della vita) dove il conservatorismo cattolico si fa più
radicale (ma anche inquietante) muovendo dall'etica personale alla
ecclesiologia, sempre in relazione al rapporto col comunismo, rispetto al quale
la Chiesa viene vista come l'unico ( declinante) baluardo, insidiato dal male
dei modernismi.
In sintesi, un libro molto forte, spesso commovente, una grande
lettura per lettori tenaci, non priva di nobili parentele (Manzoni, Tostoi),storie di fede e di speranza in un mondo minacciato dalla barbarie.
Roma, 20 febbraio 2014
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