sabato 22 febbraio 2014

Nuovo Governo

Purposes and means
(di Felice Celato)
Fini e mezzi, come dicono gli americani; questi due concetti che, non solo nel management ma anche in politica, serietà vorrebbe sempre correlati, temo torneranno ad essere (ora che abbiamo un nuovo governo da presentare alle Camere) reciproci sconosciuti.
Lunedì e martedì sentiremo, sono pronto a scommetterci, nuovi (o vecchi) proclami di centralità, nuove (o vecchie) priorità, nuove (o vecchie) indilazionabilità, senza alcuna menzione (per restare nel mondo degli accenti sulle a) delle modalità e delle compatibilità (per tacere delle verità).
Eppure, come mi dice ogni amico dell'una o dell'altra fazione, e come io stesso penso, non ci resta che sperare ferocemente nel successo di questa “sfida” da ultima spiaggia degli attuali assetti democratici; dopo di loro sarebbe il caos e l'abbandono nelle mani ignote di quella barbarica  deviazione della democrazia verso il populismo emotivo che bussa alla porte di ogni democrazia fallita.
Dunque, gli auguri al nuovo e giovane Presidente del Consiglio e alla sua rischiosa compagine ministeriale non possono essere più sinceri (almeno da parte mia).
E tutto ciò, a prescindere, come diceva Totò: a prescindere dalle  modalità dell'avvicendamento governativo, dai tanti dubbi che suscita il convinto appoggio di tutto il PD, dalle forse smodate ambizioni di durata, dalle difficoltà che avrà la tenuta della insicura alleanza, dalla inesplorata capacità di governo di molti ministri e ministre; dalla mancanza (come scrive oggi The Economist) di un vero mandato elettorale in capo a Renzi (non, dico io, perché sia strano un premier non eletto dal famoso popolo - il che in Italia non è previsto dalla Costituzione - ma perché il suo partito, che peraltro non gli è integralmente fedele, non ha ricevuto il largo consenso elettorale che servirebbe per governare un paese con le difficoltà che abbiamo, to clean up the Italy’s mess, per ripulire i “casini” dell’Italia, sempre per citare The Economist).
Ma per non essere (o apparire) il solito cupo malgré soi, dirò anche le possibili ragioni della disperata speranza: Renzi, come del resto molti altri, si rende conto che non può fallire; la sua simpatia in un mondo così abbandonato alle seduzioni della mediaticità può essere anche un'arma; la (troppo ) lunga irresolutezza del suo pur serio predecessore (decent, dice The Economist) ha lasciato in tutti un senso di urgenza su cui Renzi può far leva (speriamo senza avventatezze); il Ministero dell'Economia (il vero quartier generale del governo negli assetti europei e nelle condizioni in cui siamo) è nelle mani di una persona seria ed esperta (non a caso non si è voluto al suo posto un politico "puro"); il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (vero direttore generale del Governo) dovrebbe essere una persona capace;  i giovani talora sono sorprendenti (ed io sono sempre pronto a far loro credito); l'Italia, per sola virtù del traino dell'Europa, sta passando dalla decrescita alla crescita zero (e questo è già un passo avanti, insufficiente per una “ripresa sociale” ma pur sempre meglio della caduta indietro); il 2016 è ancora sufficientemente lontano, ma non troppo da indurci in follie; il nuovo Primo Ministro sembra sinceramente lontano dalla mentalità statalista di molti dei suoi "compagni" e sembra averne superato molti dei riflessi pavloviani che hanno ostacolato la modernizzazione e la liberalizzazione del Paese.
Dunque, vedremo, o meglio: chi vivrà vedrà. Speriamo soprattutto nel pendolo di De Rita (vedasi post del 7 novembre u.s.): solo l’inversione del “degrado antropologico” può porre le premesse per un successo politico.
Purtroppo ci sono di mezzo le elezioni Europee, che mi destano molte preoccupazioni (per la verità non solo su scala Italiana). Saranno anche una prova per Renzi lungo il crinale che sottolinea The Economist. E, anche qui, speriamo disperatamente che la superi.
Roma, 22 febbraio 2014


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