Sta finendo il
Carnevale (?)
(di Felice Celato)
Ho
ascoltato domenica (Roma, Chiesa del Gesù, ore 10) una commovente omelia del
padre Ottavio De Bertolis SJ, sempre straordinario e sorprendente, anche per la
varietà dei “registri” su cui, di volta in volta, si sintonizza, portandosi
dietro i numerosi fedeli, attentissimi. Argomentando su una sola parola
(“come”) del Vangelo del giorno (Mt. 6, 28:“osservate
come crescono i gigli del campo: non
faticano e non filano. Eppure…”) il padre De Bertolis ha svolto una
meditazione sui modi, imprevedibili e misteriosi, in cui lo Spirito Santo (che,
si sa, “soffia dove vuole”) si
manifesta nella vita di ciascuno di noi, coi Suoi straordinari semi, sparsi a
fiorire nei più diversi campi, talvolta incolti, talaltra magari lussureggianti
di grano.
Al
di là dalle esperienze che ciascuno di noi può averne fatto nella propria vita
(sono sicuro che, per chi crede nello Spirito Santo, non sarà difficile
ricordare, con rimpianto, le tante volte in cui non si è accorto per tempo del
seme che fioriva nel suo campo arido; o magari le volte in cui, invece, ne è
stato toccato e trasformato), la meditazione del p. De Bertolis mi ha
trascinato verso successive riflessioni sui contesti sociali in cui viviamo, di
certo non sottratti, solo che si riesca a vederne i segni, all’azione dello
Spirito.
Eppure
appaiono tanto confuse le cose del mondo (e dell’Italia) che verrebbe fatto di
credere che in questi campi da tempo non appaiano fiori portati dallo Spirito
(o che, quantomeno, non riusciamo proprio a vederli); e che anche la ragione, guida
talora ingannevole degli uomini “laici”, non riesca a trovare le sue vie.
Persino le ombre di una guerra si allargano con le loro oscure propaggini fin
ai bordi dell’Europa, dove le forze centrifughe di diversi populismi sembrano
l’assurdo paradosso di quelle centripete che sostengono le aspirazioni dell’Ucraina
occidentale. L’Europa unita, presidio di una pace prima sconosciuta per secoli,
sembra invecchiata, soprattutto nelle menti di coloro che la popolano.
Mentre
cresce in Europa una tensione d’altri tempi, direi novecentesca, l’Italia si
dibatte fra lo sfiduciante cinismo di sempre, i clamori di tutti su tutto e a
tutti i costi, le pulsioni autodistruttive di molti e la continua rincorsa dei
mezzi scarsi che inseguono i fini talora fluttuanti nel vento delle parole,
anche suggestive. Le verità non interessano più delle grida stridule, lo stato
dei fatti più delle apparenze, i significati più delle parole.
Nonostante
tutto ciò, anche in questo sabato santo
della storia che è il nostro presente (come diceva Benedetto XVI), non
mancano, non possono mancare – pur in assenza di rimarchevoli azioni degli
uomini – i “segni” sui quali fondare la nostra speranza civile, come dicevamo
nel post del 10 febbraio (Cupi e luminosi); manca forse la
coscienza di essi, se non quella privata, dei singoli, almeno quella pubblica.
Ma proprio a quei “segni” occorre aggrapparsi, perché, temo, solo partendo da
essi potrà avviarsi quella profonda trasformazione della nostra società che
certamente ci urge, prima di tutto attraverso il ridisegno del perimetro dello
stato (come abbiamo accennato altre volte). Anche se, come ricorda ai fedeli la
Lettera agli Ebrei (13,14), “non abbiamo
quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura”, è pur
vero, infatti, che “con tutta la nostra
consapevolezza del ‘plusvalore’ del cielo….il nostro agire non è indifferente
davanti a Dio e quindi non è neppure indifferente per lo svolgimento della
storia” (Benedetto XVI, Spe salvi,
35), del quale portiamo la responsabilità.
Per
fortuna intanto volge alla fine, almeno sul calendario, questo triste carnevale,
periodo dal sapore consunto dai tempi eppure, da noi, sempre contemporaneo, e
si avvicina una quaresima più intonata al presente, almeno dell’Europa e
dell’Italia. Speriamo che porti una capacità di riflessione che sembra mancare
ai più e qualche “segno” che riesca a scaldare le menti; non dico i cuori, che
sembrano da tempo prigionieri di passioni negative e che spesso alimentano pulsioni
effimere, ma le menti; proprio quelle su cui, non a caso, invochiamo lo Spirito
Santo (“mentes tuorum visita”).
Roma,
4 marzo 2014 (“martedì grasso”)
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