martedì 4 marzo 2014

"Segni"

Sta finendo il Carnevale (?)
(di Felice Celato)
Ho ascoltato domenica (Roma, Chiesa del Gesù, ore 10) una commovente omelia del padre Ottavio De Bertolis SJ, sempre straordinario e sorprendente, anche per la varietà dei “registri” su cui, di volta in volta, si sintonizza, portandosi dietro i numerosi fedeli, attentissimi. Argomentando su una sola parola (“come”) del Vangelo del giorno (Mt. 6, 28:“osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure…”) il padre De Bertolis ha svolto una meditazione sui modi, imprevedibili e misteriosi, in cui lo Spirito Santo (che, si sa, “soffia dove vuole”) si manifesta nella vita di ciascuno di noi, coi Suoi straordinari semi, sparsi a fiorire nei più diversi campi, talvolta incolti, talaltra magari lussureggianti di grano.
Al di là dalle esperienze che ciascuno di noi può averne fatto nella propria vita (sono sicuro che, per chi crede nello Spirito Santo, non sarà difficile ricordare, con rimpianto, le tante volte in cui non si è accorto per tempo del seme che fioriva nel suo campo arido; o magari le volte in cui, invece, ne è stato toccato e trasformato), la meditazione del p. De Bertolis mi ha trascinato verso successive riflessioni sui contesti sociali in cui viviamo, di certo non sottratti, solo che si riesca a vederne i segni, all’azione dello Spirito.
Eppure appaiono tanto confuse le cose del mondo (e dell’Italia) che verrebbe fatto di credere che in questi campi da tempo non appaiano fiori portati dallo Spirito (o che, quantomeno, non riusciamo proprio a vederli); e che anche la ragione, guida talora ingannevole degli uomini “laici”, non riesca a trovare le sue vie. Persino le ombre di una guerra si allargano con le loro oscure propaggini fin ai bordi dell’Europa, dove le forze centrifughe di diversi populismi sembrano l’assurdo paradosso di quelle centripete che sostengono le aspirazioni dell’Ucraina occidentale. L’Europa unita, presidio di una pace prima sconosciuta per secoli, sembra invecchiata, soprattutto nelle menti di coloro che la popolano.
Mentre cresce in Europa una tensione d’altri tempi, direi novecentesca, l’Italia si dibatte fra lo sfiduciante cinismo di sempre, i clamori di tutti su tutto e a tutti i costi, le pulsioni autodistruttive di molti e la continua rincorsa dei mezzi scarsi che inseguono i fini talora fluttuanti nel vento delle parole, anche suggestive. Le verità non interessano più delle grida stridule, lo stato dei fatti più delle apparenze, i significati più delle parole.
Nonostante tutto ciò, anche in questo sabato santo della storia che è il nostro presente (come diceva Benedetto XVI), non mancano, non possono mancare – pur in assenza di rimarchevoli azioni degli uomini – i “segni” sui quali fondare la nostra speranza civile, come dicevamo nel post del 10 febbraio (Cupi e luminosi); manca forse la coscienza di essi, se non quella privata, dei singoli, almeno quella pubblica. Ma proprio a quei “segni” occorre aggrapparsi, perché, temo, solo partendo da essi potrà avviarsi quella profonda trasformazione della nostra società che certamente ci urge, prima di tutto attraverso il ridisegno del perimetro dello stato (come abbiamo accennato altre volte). Anche se, come ricorda ai fedeli la Lettera agli Ebrei (13,14), “non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura”, è pur vero, infatti, che “con tutta la nostra consapevolezza del ‘plusvalore’ del cielo….il nostro agire non è indifferente davanti a Dio e quindi non è neppure indifferente per lo svolgimento della storia” (Benedetto XVI, Spe salvi, 35), del quale portiamo la responsabilità.
Per fortuna intanto volge alla fine, almeno sul calendario, questo triste carnevale, periodo dal sapore consunto dai tempi eppure, da noi, sempre contemporaneo, e si avvicina una quaresima più intonata al presente, almeno dell’Europa e dell’Italia. Speriamo che porti una capacità di riflessione che sembra mancare ai più e qualche “segno” che riesca a scaldare le menti; non dico i cuori, che sembrano da tempo prigionieri di passioni negative e che spesso alimentano pulsioni effimere, ma le menti; proprio quelle su cui, non a caso, invochiamo lo Spirito Santo (“mentes tuorum visita”).

Roma, 4 marzo 2014 (“martedì grasso”)

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