Sabato santo
(di
Felice Celato)
“Sabato
santo: il giorno della sepoltura di Dio; non è questo in maniera impressionante
il nostro giorno?”
Questo
si domandava, qualche anno fa Joseph Ratzinger, in una delle sue indimenticabili
meditazioni, avendo in mente “l’oscurità divina di questo giorno, di questo
secolo che diventa in misura sempre maggiore un Sabato Santo”.
L’occhio
penetrante di quello che è oggi il nostro Papa emerito guardava, come è ovvio,
al senso grande della storia che ha costituito l’oggetto previlegiato del suo
mirabile pontificato.
Le
sue parole però mi tornano in mente oggi con assai più angusto riferimento al
nostro oggi di Italiani, al confuso periodo che stiamo vivendo, proprio in
questo giorno di sabato santo, angosciati ed impotenti di fronte ai nostri
linguaggi babelici, alle nostre pulsioni faziose e disperate, alle miserie
indicibili della nostra vita pubblica che sciupa il futuro di un popolo pieno
di risorse e di attese (magari confuse), bruciandole nel falò osceno dei reciproci disprezzi e
delle autoesaltazioni incoscienti, alimentate da parole oramai comprensibili
solo ad un ristretto circolo di persone di mediocre valore che ne impastano i media (e forse i cervelli più deboli).
Il
mondo intorno a noi ribolle di una ricerca di vie nuove: i Brics (Brasile,
Russia, India, Cina e Sud Africa, cioè, forse, il futuro del mondo) si
riuniscono per mettere in questione il modello di governance mondiale, l’Europa annaspa nelle sue ristrettezze
mentali alla ricerca di un nuovo sé, la Corea minaccia una guerra folle, la
pressione demografica riprende a mettere in mare disperate speranze di vita
migliore, la situazione economica del nostro paese affonda tragicamente, la
crisi finanziaria si riaffaccia prepotente, la cupezza delle nostre prospettive
sociali si fa buio drammatico. E noi non riusciamo a mettere insieme nemmeno le
energie per fare insieme le due o tre cose che pure tutti riconosciamo urgenti
e indispensabili! L’obbiettivo dei nostri politici è già il posizionamento per
le prossime elezioni, per un’altra campagna elettorale, che sarà drammatica,
nella quale far trionfare con le menzogne di sempre la loro attitudine alla
paralisi reciproca, mentre tutto attorno a noi si muove con ansia di nuovo.
Questa
classe politica (di destra e di sinistra) che ha lasciato ai margini di se
stessa, ormai divenuti impressionanti, le istanze di un rinnovamento
improcrastinabile, che non ha saputo governare né incanalare, lasciando a
rumorosi e bizzarri new comers il privilegio di
rappresentarlo, merita – credo – di essere cancellata dalla storia di questo
Paese in tutta fretta, prima che faccia danni paragonabili a quelli che ha
fatto fino ad oggi ma dopo aver fatto, subito, quello che è urgente
fare.
Certo,
non vedo ancora affidabili radici per il
nuovo, perché il rumore non è governo delle cose, il rancore non è foriero di
azioni buone, il disprezzo reciproco non ha valore fondante; perché credo che i
guasti del nostro presente possano avere ormai natura antropologica, perché i
nostri linguaggi sembrano diventati incapaci di verità e di riconciliazione; e
tuttavia mi pare che l’urgenza di resurrezione meriti la veglia trepidante del
Sabato Santo.
Questo
anziano signore, ormai ottantottenne, giunto all’epilogo della sua settennale
Presidenza della Repubblica, sembra l’unico che conservi in sé l’angoscia del
presente, l’ansia di coesione, la preoccupazione cosciente del futuro ed
insieme il respiro culturale per cogliere l’ampiezza e l’urgenza delle cose da
fare senza indugio: poi si torni pure a votare, investendo, finalmente, nella
verità sul presente e sul passato e nella capacità di perdonare chi, pure, deve
lasciare la scena che ha troppo a lungo calcato. L’investimento, come ogni
investimento, non è esente da rischi; ma la sua tensione è verso il futuro.
Roma,
30 marzo 2013, Sabato Santo
PS.
Auguri a tutti di buona Pasqua di Resurrezione.
Nessun commento:
Posta un commento