sabato 30 marzo 2013

Verso Pasqua


Sabato santo
(di Felice Celato)
“Sabato santo: il giorno della sepoltura di Dio; non è questo in maniera impressionante il nostro giorno?”
Questo si domandava, qualche anno fa Joseph Ratzinger, in una delle sue indimenticabili meditazioni, avendo in mente “l’oscurità divina di questo giorno, di questo secolo che diventa in misura sempre maggiore un Sabato Santo”.
L’occhio penetrante di quello che è oggi il nostro Papa emerito guardava, come è ovvio, al senso grande della storia che ha costituito l’oggetto previlegiato del suo mirabile pontificato.
Le sue parole però mi tornano in mente oggi con assai più angusto riferimento al nostro oggi di Italiani, al confuso periodo che stiamo vivendo, proprio in questo giorno di sabato santo, angosciati ed impotenti di fronte ai nostri linguaggi babelici, alle nostre pulsioni faziose e disperate, alle miserie indicibili della nostra vita pubblica che sciupa il futuro di un popolo pieno di risorse e di attese (magari confuse), bruciandole nel falò osceno dei reciproci disprezzi e delle autoesaltazioni incoscienti, alimentate da parole oramai comprensibili solo ad un ristretto circolo di persone di mediocre valore che ne impastano i media (e forse i cervelli più deboli).
Il mondo intorno a noi ribolle di una ricerca di vie nuove: i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, cioè, forse, il futuro del mondo) si riuniscono per mettere in questione il modello di governance mondiale, l’Europa annaspa nelle sue ristrettezze mentali alla ricerca di un nuovo sé, la Corea minaccia una guerra folle, la pressione demografica riprende a mettere in mare disperate speranze di vita migliore, la situazione economica del nostro paese affonda tragicamente, la crisi finanziaria si riaffaccia prepotente, la cupezza delle nostre prospettive sociali si fa buio drammatico. E noi non riusciamo a mettere insieme nemmeno le energie per fare insieme le due o tre cose che pure tutti riconosciamo urgenti e indispensabili! L’obbiettivo dei nostri politici è già il posizionamento per le prossime elezioni, per un’altra campagna elettorale, che sarà drammatica, nella quale far trionfare con le menzogne di sempre la loro attitudine alla paralisi reciproca, mentre tutto attorno a noi si muove con ansia di nuovo.
Questa classe politica (di destra e di sinistra) che ha lasciato ai margini di se stessa, ormai divenuti impressionanti, le istanze di un rinnovamento improcrastinabile, che non  ha saputo governare né incanalare, lasciando a rumorosi e bizzarri new comers il privilegio di rappresentarlo, merita – credo – di essere cancellata dalla storia di questo Paese in tutta fretta, prima che faccia danni paragonabili a quelli che ha fatto fino ad oggi ma dopo aver fatto, subito, quello che è urgente fare.
Certo, non  vedo ancora affidabili radici per il nuovo, perché il rumore non è governo delle cose, il rancore non è foriero di azioni buone, il disprezzo reciproco non ha valore fondante; perché credo che i guasti del nostro presente possano avere ormai natura antropologica, perché i nostri linguaggi sembrano diventati incapaci di verità e di riconciliazione; e tuttavia mi pare che l’urgenza di resurrezione meriti la veglia trepidante del Sabato Santo.
Questo anziano signore, ormai ottantottenne, giunto all’epilogo della sua settennale Presidenza della Repubblica, sembra l’unico che conservi in sé l’angoscia del presente, l’ansia di coesione, la preoccupazione cosciente del futuro ed insieme il respiro culturale per cogliere l’ampiezza e l’urgenza delle cose da fare senza indugio: poi si torni pure a votare, investendo, finalmente, nella verità sul presente e sul passato e nella capacità di perdonare chi, pure, deve lasciare la scena che ha troppo a lungo calcato. L’investimento, come ogni investimento, non è esente da rischi; ma la sua tensione è verso il futuro.
Roma, 30 marzo 2013, Sabato Santo

PS. Auguri a tutti di buona Pasqua di Resurrezione.

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