martedì 12 marzo 2013

Presa di disparte


Dépaysement
(di Felice Celato)
In questo periodo di – lo confesso con un eufemismo – intenso disagio civico, ho avuto una divertente polemica a colpi di mail con un mio amico e coetaneo che si fa venire l’orticaria non appena gli si ricorda….la piena maturità della nostra età (scrivo così per non evocare la vecchiezza che tanto lo agita). In realtà il fatto di “sentirsi vecchio” (come mi accade, nel senso quasi orgoglioso che dirò) non mette in questione nessun (residuo) senso di vigoria, né fisica né, tantomeno, intellettuale.
Semplicemente mi fa sentire dépaysé (spaesato, come direbbe Todorov) per una sorta di transculturazione incompiuta: non apparteniamo più, noi della nostra età, caro amico dalla vitalità sempre adolescente, al mondo in cui siamo cresciuti, semplicemente perché questo mondo forse non c’è più; e, nel contempo, non ci siamo radicati con soddisfazione nel mondo degli “informatissimi idioti” (l’espressione non è mia ma del sociologo Franco Ferrarotti, su First-on-line dell’11 marzo) che sanno reagire con tanta prontezza di fronte ad ogni scelta (purché abbia solo due soluzioni, una da scegliere col pollice in alto, l’altra col pollice verso).
Ma - diciamolo subito per non provocarci allergie – di questo dépaysement siamo tutto sommato gigionescamente contenti, perché riteniamo di essere almeno approdati su un basso colle dal quale si può assistere, “divertiti” e sgomenti, agli esiti del presente. Non che nessuno di noi goda ad immaginare come può andare a finire questo mondo che si vuole giudicare e governare sulla Rete, per natura etica ed informata, depositaria di una democrazia istantanea, elettronicamente pronta ad un plebiscitarismo emotivo e refrattario ad ogni discussione, abituato all’altrui stigmatizzazione compulsiva, gestore di un tribunale del popolo che non conosce riposo, moderno sicofante distruttivo e perentorio [NB : anche queste espressioni non sono mie; le ho prese quasi testualmente dal libro di Marco Revelli: Finale di partito (Einaudi), libro non sempre facile ma molto interessante]: in questo mondo ci sono pure i nostri figli (e i nostri nipoti) e certamente non vorremmo nemmeno pensare ad uno scenario per loro pernicioso. Ma, semplicemente, fa compagnia alla nostra dolente impotenza un senso compiaciuto di certezza sull’esito del nostro disagio: qualcosa deve pur venir fuori che arresti il corso che abbiamo preso (perché in fondo la storia non finisce, con buona  pace di Fukuyama; e – per chi crede – c’è Qualcuno che magari ogni tanto, stanco di lascarci fare da soli, dà uno sguardo e una calmata al lago su cui va la sua barca); magari non saremo noi, appunto vecchi depaysés, a tirar fuori questo nuovo e saranno proprio i nostri baldi giovani a tirarlo fuori dal pozzo in cui si è nascosto; ma è certo che le strade finora intraprese, da sole, non portano bene.
E’ una vergognosa vecchiezza questa che mi porta fin qui, su questo basso colle? O solo una saggia presa di disparte, che peraltro, come si vede da questo luogo di incontro, non si nega né agli interrogativi  né al dibattito?
Roma, 12 marzo 2013 (giorno della Missa pro eligendo pontifice)

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