“I Disorientati”
(di Felice Celato)
Torniamo
alle letture, ché – di questi tempi – è assai meglio.
Guarda
caso, però, il libro che voglio segnalare agli amanti del fascinoso mondo del
Medio-Oriente mediterraneo, è intitolato proprio così: I disorientati, appena uscito in Italia (da Bompiani) e scritto da
un autore che io amo molto (Amin Maalouf, un arabo cristiano libanese, divenuto
poi francese e anche membro dell’Académie Francaise, cui si devono alcuni
racconti straordinari, come: Gli scali
del Levante, Origini, Il periplo di Baldassarre, Col fucile del console d’Inghilterra, etc).
In
fondo, questo grosso romanzo di quasi 500 pagine, più che un vero e proprio
romanzo è una specie di lunga confessione dei dubbi, dei rimpianti, dei rimorsi
e delle nostalgie degli emigrati dal Libano nell’ultimo trentennio del secolo
scorso, e, allo stesso tempo, una passionale argomentazione delle ragioni della
permanenza di quelli che, invece, erano restati in patria quando i più
fortunati (o i più deboli? O i più coraggiosi?) se ne allontanavano.
La
storia è semplice: cinque o sei amici di gioventù, appartenenti a diversi ceppi
culturali (arabi-musulmani, ebrei e arabi-cristiani), per strane circostanze,
legate alla morte di uno di essi rimasto in Libano, trovano modo di rincontrarsi dopo molti anni, proprio in Libano, per ricordare insieme e per reciprocamente confessarsi le
ragioni della loro scelte, quasi come in una sorta di seduta
socio-psicoanalitica.
La
tecnica narrativa (un misto fra diaristica, epistolario e narrazione in terza
persona) consente di far scorrere la vicenda di questo incontro e della sua
preparazione dipanando, nel contempo, i temi di fondo della convivenza in
quell’area martoriata dalla storia del XX secolo, incastonata fra mondo
occidentale e mondo arabo, al confine con Israele, fra islamismo ed
antislamismo, fra tolleranza ed intolleranza, fra tradizioni laiche e pulsioni
politico-religiose. E, ovviamente, questo repertorio di temi è la parte di gran
lunga più interessante del racconto, ed anche quella più ricca di argomenti e
di suggestioni, perché l’autore – emigrato in Francia nel 1976 – ben conosce quei sentimenti e quei pensieri
per essere stati i suoi.
Dunque,
come dicevo all’inizio, una lettura da raccomandare a chi ama il Medio-Oriente
mediterraneo; ma anche ricca di spunti per chi è affascinato dal più generale
tema dei destini individuali scossi e, appunto, disorientati dai passaggi drammatici della storia.
Roma,10
marzo 2013
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