Proviamo con l’esorcista
(di Felice Celato)
Lo scorso anno, proprio di questi tempi, avevamo riflettuto,
sotto diversi profili, su quella che avevamo chiamato “l’ecologia della
convivenza”.
Dicevo
(post del 10 febbraio 2012) : “Ormai la cifra del nostro giudizio sugli
altri è il disprezzo, la sfiducia preconcetta, l’alterigia della presunta
superiorità (etica?), la sommarietà maligna e massacrante dei giudizi incompetenti, la ricerca ossessiva
del rinfaccio; il tono, sempre quello dello sfogo inviperito o dello sbocco di
malanimo. Di fronte a ciò (che non ci porterà né bene né lontano se non sapremo
porvi fine, ed anche rapidamente: le elezioni arriveranno pure e …
vedremo)….etc.etc”.
Più
recentemente, con l’amico “pessimista” del Thè
e pasticcini (post del 23 gennaio
2013), avevamo fatto una riflessione sull’origine dei nostri “mostri” della politica (inutile fare
i nomi), figli – dicevamo – del nostro
modo di comunicare sui media (molti
dei talk-show delle nostre
televisioni, pubbliche e non, costituiscono ormai l’ideale brodo di coltura
delle pulsioni più pressappochiste e
distruttive) e anche di quello che via via siamo diventati dal punto di vista
sociologico e, forse, antropologico.
Ora,
con le elezioni alle spalle, siamo in grado di osservare in corpore vili, la portata delle dinamiche che ci sembrava di
intravvedere e che non abbiamo saputo (o voluto) governare.
L’Italia
è diventata un paese grossolano e violento (nelle parole, per ora) e questa sua
nuova (o antica?) natura connota la vita di ogni giorno (basta leggere le
cronache o guardare la TV; da ultimo: la reazione del pubblico alla sentenza d’appello
sul dolo eventuale nel caso Thyssen) come pure il “dibattito” politico, ormai
tanto polarizzato sui rancori e sui reciproci disprezzi da rendere improbabile
o instabile ogni convivenza per governare l’enorme gravità dei problemi.
Leggevo
su Il sole24 ore di oggi, una
proposta pensata, argomentata, pacata, piana e ragionevole del professor
Capaldo sul da farsi, subito (detassare le imprese), e immaginavo la
reazione ideologica, sgangherata e scomposta che l’attuale politica quasi
sicuramente metterà in campo (anche qui: spero di sbagliare!).
Quos Deus perdere vult, prius dementat,
abbiamo temuto più volte; ma i pazzi – intendiamoci bene – non sempre negano la
verità, anzi spesso la affermano: la cosa vale anche in politica, ovviamente
(sarebbe assurdo negare che molto del rancore che circola nella nostra società
non abbia fondamento!). Ma questo non li rende meno pericolosi. In fondo il
pazzo indemoniato che nel primo capitolo del vangelo di Marco, a Cafarnao,
affronta Gesù, Gli lancia contro un grido di ripulsa e una professione di fede
(Che cosa c’è fra noi e te, Gesù,
Nazareno?.....Io ti conosco, so chi sei: il Santo di Dio, Mc, 1,24)
Così
mi è venuto in mente che, in questa specie di diabolica possessione che sembra
pervadere la nostra convivenza, accantonata per frustrazione l’aspirazione (ma
non la speranza) di avere un nuovo santo che ci faccia da esempio, probabilmente
ci servirebbe almeno un esorcista, come ebbe a dire un noto manager di Stato
parlando della “vecchia” Alitalia. Un esorcista per l’Italia.
Roma,
1° marzo 2013
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