E ora?
(di
Felice Celato)
All’indomani
di queste fatali elezioni, sarebbe naturale tentarne fra noi un (doloroso)
bilancio, cercare insieme gli errori commessi, dall’uno o dall’altro, o magari
mettere in campo qualche magro “l’avevo detto, io”.
Ma
vorrei evitarlo, prima di tutto perché ce ne sono molte, sui giornali, di
analisi, quasi tutte svolte da persone più competenti di me in materia di
elettorati; e poi perché non ne ho voglia, di mettere in fila i grossolani
errori di valutazione commessi dai partiti italiani nell’affrontare questo
passaggio della vita del nostro Paese che avrebbe ben potuto costituire un
momento di crescita dell’autocoscienza degli Italiani ed invece è risultato un
groviglio di rabbie, di storici rancori, di pulsioni irrazionali e di insensate narrazioni.
Mi
limiterò a confessare tre sorprese (che dimostrano come mi sia stato difficile
capire che cosa bolliva nella pentola dell’Italia di oggi): la prima è la
dimensione del successo del Movimento 5 Stelle, che certamente non immaginavo
sopra il 20% dei voti; la seconda è la caduta, contenuta ma rovinosa negli effetti, del PD
(ai minimi storici dell’ultimo ventennio, non ostanti i vantaggi di posizione
di cui ha goduto); la terza, infine, è la resilienza del PdL che pure usciva
(apparentemente) provato da uno dei periodi più difficili della sua storia; e
ciò, non ostante la caduta verticale della Lega. Monti, secondo me, ha preso il
numero minimo di voti, all’interno della “forchetta” che mi aspettavo.
Proviamo
invece a tentare di indovinare quali saranno le conseguenze di questo “blocco”
che si è determinato.
Mi
pare che sul piano politico la soluzione meno rischiosa (tenuto conto della
nostra delicatissima situazione sul fronte internazionale) e meglio gestibile
da politici sfacciati quali sono sicuramente i nostri, sia quella della grande
coalizione (PD+PdL+Monti) con programma limitato e orizzonte breve, magari
cementato da qualche (inevitabile) italianissimo scambio sottobanco. Il rischio
di questa soluzione sta tutto nell’abbondanza di argomenti che essa fornirebbe
ai centri dell’anti-politica, con i quali comunque a breve occorrerà tornare a
fare i conti; il vantaggio potrebbe essere quello di consentire una distensione
dei toni della politica fra quelli che sono stati i poli della più aspra competizione
reciproca e, ad un tempo, il bersaglio – separato ma idealmente congiunto –
delle “invettive” del Movimento 5 Stelle.
Nella
sua oggettiva e soggettiva difficoltà, questa soluzione mi pare anche l’unica
in grado di garantire un minimo di governabilità per il tempo più lungo: una
soluzione diversa (PD+ 5 Stelle), quand’anche fosse fattibile, durerebbe di
meno e inquieterebbe di più chi ci guarda da fuori, incredulo creditore e, allo
stesso tempo, partner timoroso della
possibile deflagrazione della nostra società e della nostra economia.
Il
rischio del “commissariamento”(naturale conseguenza di una nostra richiesta di
soccorso finanziario) mi pare incombente. Non è successo nulla, come dicevamo
qualche giorno fa, durante la nostra campagna elettorale, che abbia fatto
venire meno i problemi che avevamo e che tuttora abbiamo; solo sono diminuite
le soluzioni a disposizione; ed il tempo. E, temo, sono andate perse occasioni
che è complicato rideterminare.
Vedremo,
purtroppo.
Roma
26 febbraio 2013
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