Benedetto XVI
(di
Felice Celato)
L’addio
di Benedetto XVI, per me commovente e denso di significati, dà luogo, come è
consuetudine forse non solo Italiana, a ragli e calci d’asino di straordinaria
superficialità e malignità: per rendersene conto, basta superare il disgusto e
leggere i commenti alle notizie “finemente vergati” dagli opinionisti
istantanei di cui il nostro incolto Paese abbonda e di cui sollecita continuamente
gli augusti “pensieri”.
Eppure
il gesto del Papa e i suoi modi sembravano idonei, oltreché a connotarlo di
grande e profonda sensibilità umana e sollecitudine ecclesiale, a lanciare un
messaggio positivo anche presso coloro che sono soliti “ragionare” secondo
categorie non dico semplicemente mondane ma addirittura frivole: un gesto
moderno, inusuale, umanissimo, “de-sacralizzante”, libero e originale.
No.
Nemmeno quest’ottica ha “sfondato”. Anzi, c’è stato chi è andato a caccia di
citazioni, evangeliche e non, per fare la morale al papa, come si conviene ad
ogni buon padreterno da porta Portese.
E’
il segno dei (pessimi) tempi che viviamo; direi nulla di nuovo per me che non
li amo ( e ne temo gli sviluppi). Il modo con cui comunichiamo è figlio di ciò che
siamo diventati, dicevamo qualche giorno fa.
E va
bene (anzi male); ma la cosa di cui fatico a non provare scandalo è la reazione
di alcuni prelati (sempre celati dietro un ipocrita anonimato), solo
preoccupati degli sviluppi curiali del “gesto” di Benedetto XVI. O di alcuni
“intellettuali” alla moda che si sono agitati per coglierne la strumentalità
elettorale!
Narrano che, mentre Hegel osservava dalla finestra del suo appartamento "il passare della Storia" (Napoleone che sfila vittorioso, alla testa dei suoi soldati, dopo la battaglia di Jena), il suo cameriere notava con fastidio che i cavalli sporcano le strade.
Narrano che, mentre Hegel osservava dalla finestra del suo appartamento "il passare della Storia" (Napoleone che sfila vittorioso, alla testa dei suoi soldati, dopo la battaglia di Jena), il suo cameriere notava con fastidio che i cavalli sporcano le strade.
Dopo
questo Papa, intelligente, profondo, colto, aperto ed attento al mondo, spero
in un Papa ancora straniero che voglia contornarsi, a Roma, di altri stranieri,
che sappia universalizzare (o de-italianizzare?) la cultura della curia, una
ramazza dura, come lo può essere il ventilabro dei profeti e anche dei santi,
dei quali abbiamo sempre estremo bisogno.
Di
Benedetto XVI ricorderemo per sempre la figura fragile e l’intelletto forte,
gli occhi chiari, la cultura densa e incarnata, la fede colta, la Caritas in veritate, i libri sul Gesù
di Nazareth, la pedagogia paolina, la sua concezione del tempo come sabato
santo della storia. Ed infine, il suo “gesto” umile e rivoluzionario, un
appello ultimo e malinconico al dovere del fare e alle sue fatiche. L’uomo di
fede profonda sa quale è il campo della ragione e conosce il dovere di impiegarla anche nella Chiesa,
quando il passo del pastore, divenuto tardo, non gli consente di essere appieno
il tutore e la guida del gregge.
Roma,
14 febbraio 2013, San Valentino.
Nessun commento:
Posta un commento