domenica 27 dicembre 2020

Dal 2020 al 2021

Il difficile “bilancio” dei tempi

(di Felice Celato)

Coloro che  non hanno “pratica” di bilanci sono portati a credere che un consuntivo sia, per sua natura, una fotografia economica e patrimoniale del passato. Il che – intendiamoci – è anche vero, ma solo molto parzialmente, perché quasi ogni “voce” di ogni bilancio costituisce, in realtà, una previsione sul futuro. Mi spiego con un brevissimo e banale esempio: se, poniamo, nel “mio” bilancio figurano dei crediti verso clienti per forniture rese e non ancora pagate, evidentemente voglio dire che ritengo che quei crediti diventeranno, nell’anno successivo, un flusso di cassa, cioè denaro contante. Se così non fosse, se cioè non ritenessi più che probabile il realizzo di quei crediti, quella voce dell’attivo (i crediti, appunto) sarebbe in realtà, in tutto o in parte, una perdita (che si è già realizzata ma non ancora manifestata); e lo stesso vale per moltissime altre voci del bilancio, sia di parte economica che patrimoniale (persino gli impianti hanno valore solo se se ne può prevedere un economico utilizzo nel futuro).

Questa noiosa “lezioncina” di economia d’azienda serve solo per dire che – come ogni anno ma in particolare quest’anno – è piuttosto difficile fare un bilancio del tempo trascorso, senza, nel contempo, formulare una implicita valutazione sul futuro (quasi senza rendersene conto pienamente). 

Sarebbe sciocco negare che la vicenda pandemica (anche al netto di ogni possibile sua componente info-demica) abbia costituito uno shock sanitario, economico e (quand’anche) emotivo di proporzioni da tempo non sperimentate su base globale; e che, perciò, il 2020 sia stato un pessimo anno, da cancellare dalle buone memorie e da esorcizzare… ben più intensamente di quanto siamo soliti fare per ogni altro anno bisestile. Ma, come dicevamo qualche settimana fa segnalando un recentissimo libro di Fareed Zakaria (Ten lessons for a post-pandemic world), il suo vero senso storico dipenderà largamente da quanto ci avrà insegnato; e quanto ci avrà insegnato lo vedremo nel tempo che viene, perché, nella storia dell’uomo, nothing is writtenEstremizzando: potrebbe essere stato – il 2020 –  l’anno (doloroso ma provvidenziale) dell’apertura degli occhi, sulla nostra fragilità, sulla misconosciuta interdipendenza del mondo, sulla intrinseca ed ineliminabile complessità del nostro vivere così stretti, sulla contemporanea illusorietà delle frontiere, sulla accresciuta necessità di governances competenti e rispettabili; e, quindi, per noi, l’anno di una recuperata adultità, fatta di riacquisito dominio delle emozioni, di ri-scoperta dell’altro, di un nuovo gusto della operosa collaborazione. Oppure potrebbe essere stato – sempre il 2020 – l’anno di un vertiginoso tuffo nel passato, quello delle pesti, dell’incontenibile dilagare del male, delle sofferenze spaventose, dei terrori per le  scosse furiose ai sistemi economici su cui si modella la nostra quotidiana sussistenza, delle tendenze a rinserrarsi sbigottiti; e, per noi, quindi, l’anno di una pavida nuova adolescenza emotiva e culturale, ulteriormente prorogata, senza scadenze, fatta di incoscienze, di paure incontrollabili e di attese passive (come fosse della settimanale “paghetta” del papà).

Ad oggi, non mi pare possibile “discernere” con chiarezza quello che possiamo aspettarci per l’anno che viene; e, quindi, per la naturale continuità del tempo, quello che è veramente stato il 2020. Dipenderà molto da come l’umanità (e, per quanto ci riguarda più da vicino, questo grumo di umanità che costituisce il nostro contesto sociologico) saprà posizionarsi lungo l’asse che si stende fra i due estremi di cui dicevamo: l’apertura degli occhi e le vertigini del passato.

C’è, infine, anche il tema personale che, come sempre, si cela all’interno di ogni bilancio collettivo, che – per sua natura – aggrega destini diversi, fatti di dolori e di prove direttamente affrontate dai singoli (anche molto vicini), ma anche di vicende personali di segno diverso (per me, per esempio, è stato anche – gli devo, al 2020, questa personalissima riconoscenza – un anno di buone notizie, fra tante ansie nemmeno recenti).

Dunque, nel farci (con qualche imprudente giorno di anticipo) gli auguri per un futuro adulto, ci auguriamo di saper leggere a fondo il recente passato, anche nei suoi mille e mille significati che rimandano, chi di noi ne abbia la grazia, ad una “memoria credente” (Dt. 8,2 e sg: Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere…).

Roma 27 dicembre 2020

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