Le folle e la piazza
(di Felice Celato)
I lettori di questo blog sanno (o se non lo sanno avranno più volte avuto occasione di constatarlo) quanto poco colto (o addirittura quanto rozzo) sia lo scrivente in materia di psicologia. Sono tanto poche le letture che ho fatto in questa materia che potrei dirmi un autentico ignorante (magari con pochi rimpianti, tante sono le cose che ben più motivano le mie letture). Semmai mi suggestionano, invece, le scienze sociologiche che, pure, in qualche modo riflettono presupposti di natura psicologica, còlti però – in sociologia – come componenti co-essenziali di fenomeni complessi nei quali l’elemento psicologico “si disperde” nella formazione di quel coacervo di rapporti, sentimenti, pulsioni, storie, situazioni e correlati moventi politici ed economici che la “scienza” dei comportamenti sociali cerca di leggere. Non a caso, fra le mie poche e stagionate letture in qualche modo riconducibili alla psicologia, ci sono solo testi che si occupano di quella che, con felice espressione, Gustave Le Bon (nel 1895!) ha chiamato la Psicologia delle folle (Edizioni Clandestine, 2007, ebook).
Bene (anzi male, ché l’ignoranza non è mai cosa buona): proprio un passo del libro di Le Bon mi è tornato in mente stanotte mentre, sfogliando le edizioni appena sfornate da alcuni giornali, ho realizzato che oggi è il 10 giugno 2020, l’80° anniversario della entrata in guerra dell’Italia fascista: la piazza (piazza Venezia, a Roma) gremita di folla gridava entusiasta all’ora segnata dal destino che batte[va] nel cielo della nostra patria… l’ora delle decisioni irrevocabili che costarono al nostro paese mezzo milione di morti e distruzioni e sofferenze immani. Non mi è stato difficile stamane rintracciare quel passo, che credo ci faccia bene rileggere per comprendere quella piazza: Per il solo fatto di far parte di una moltitudine, l'uomo discende di parecchi gradi la scala della civiltà. Fosse anche, se isolato, un individuo colto, nella massa si trasforma in un soggetto dominato dagli istinti e conseguentemente proteso alla barbarie. Egli acquisisce la spontaneità, la violenza, la brutalità, gli entusiasmi, l'audacia degli esseri primitivi. Si fa simile essi per la sua facilità a lasciarsi impressionare da parole e immagini e per il modo in cui si fa guidare a compiere azioni che ledono i suoi interessi più evidenti. L'individuo della folla è un granello di sabbia in mezzo a innumerevoli altri che il vento solleva a suo capriccio.
La piazza, come luogo “deliberativo” (o semplicemente “validativo”) delle folle, è un topos essenziale di molte storie dell’uomo, un luogo forse perenne dove la personalità cosciente è annullata, la volontà ed il discernimento abortiti, quand’anche si possa dire che, nei giorni che viviamo, abbia in qualche modo ceduto la sua fisicità (ma non la sua dis-funzione) alla iper-comunicazione virtuale. Ma rimane pur sempre, la piazza (fisica o virtuale), il posto “pericoloso” dove tanto spesso la dissoluzione di una civiltà è condotta da moltitudini incoscienti e brutali ….il cui predominio segna sempre una fase di disordine.
Poi c’è sempre una sorta di cinica regola storica "delle piazze" che, con pari distruttiva brutalità, riconduce indietro le vicende umane, sui loro passi confusi; ad una piazza Venezia (10 giugno 1940) segue sempre un piazzale Loreto (poco meno di cinque anni dopo); o, come tanto tempo prima, all’Osanna un Crucifige (in poche ore). Perché, annota Freud commentando Le Bon, le folle non hanno mai provato il desiderio della verità (in Psicologia delle masse e analisi dell’io, Newton Compton, 2012, ebook).
Roma 10 giugno 2020
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