sabato 30 novembre 2019

Una favola per adulti

Il figlio di Noè
(di Felice Celato)
Che stiamo vivendo tempi cupi, almeno a me, non pare dubbio: scemenze e fandonie si contendono l’ampio spazio vuoto nei nostri cervelli, la nostra civitas, ripiegata su sé stessa, come la giovane schizofrenica dell’ultimo post, si costringe a vivere quella falsa verità che, forse, è l’espressione dei suoi desideri, incontrollati e confusi ma rancorosi e pugnaci, nel coro assente della sua ex classe dirigente.
Bene; si fa per dire, naturalmente.
In questi tempi cupi, dicevo, anche gli adulti possono aver bisogno, per rifiatare, di favole nuove od antiche (quelle che circolano sono stupide e spesso noiose!); se non proprio quelle con fate, maghi e mele stregate, almeno – questo sì! – quelle che raccontano di vite buone che attraversano il tempo, anche nelle sue fasi più buie, seminando, come il Pollicino di Perrault, briciole di umanità, per ritrovare la strada di una terrena speranza che sopravviva fra le macerie di quanto gli uomini credono di “costruire” quando – in mille modi – depongono la ragione e si abbandonano al dramma del suo sonno.   
Questo, credo, è lo spirito giusto per leggere l’ultimo romanzo di Eric Emmanuel Schmitt, il grande autore e drammaturgo francese (da me molto amato e qui tante volte citato e segnalato ai lettori in cerca di buone letture, come Il Vangelo secondo Pilato, La vendetta del perdono, Il Visitatore, La giostra del piacere, La parte dell’altro, La notte di fuoco, etc). 
Il figlio di Noè (editore e/o, 2018) è il suo ultimo piccolo romanzo (appena 150 pagine), ambientato durante l’occupazione nazista del Belgio, e (credo liberamente) ispirato alla storia di padre Joseph André di Namur (alla sua memoria è infatti dedicato), proclamato Giusto fra le Nazioni per aver salvato, a rischio della propria vita, molti bambini ebrei durante, appunto, quel tragico periodo. 
L’avventurosa storia del piccolo Joseph Bernstein e del suo straordinario salvatore e maestro di vita (padre Pons, nella narrazione) non la accenno nemmeno per grandi linee, per non sciupare il piacere della lettura a coloro che vorranno leggere il romanzo; per aiutare ad arrivare alla fine, dirò solo che è molto commovente e – per certi versi – sa di favola per adulti, col suo regolare happy end ma anche col suo carico di temi che travalicano la storia stessa e restano nella memoria. Del resto, la narrazione di Schmitt è – come sempre – limpida e tesa (come quella di ogni vero narratore) ma animata – come sempre – da una passione per i grandi temi della nostra umanità (e della religione, in particolare), che attraversano la nostra vita rendendoci degni di essa e della nostra intelligenza.
Come si sarà capito, raccomando vivamente la lettura di questo piccolo libro, lettura che io ho fatto, con grande soddisfazione, nell’ultimo giorno di pioggia di questo piovoso novembre; oggi, infatti, c’è il sole.
Roma 30 novembre 2019.

Errata corrige: Il figlio di Noè non è, come sopra ho scritto, "l'ultimo romanzo" di E.E.S.; infatti - come ho scoperto oggi - nel 2019 l'autore ha scritto Felix e la fonte dell'invisibile (che ho appena comprato). Anche questo, come quello, fa parte del "Ciclo dell'invisibile", una serie di racconti.... che affrontano la ricerca del significato ultimo delle cose. Ogni volta il protagonista deve confrontarsi con i momenti cruciali dell'esistenza - lutto, abbandono, malattia, guerra - e trova la forza di andare avanti nell'incontro con una persona che è anche un incontro con una spiritualità (così,  per restare ai due romanzi in discorso, l'animismo in Felix e la fonte dell'invisibile e l'ebraismo in Il figlio di Noè)
Roma, 1° dicembre 2019

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