giovedì 21 novembre 2019

Stupi-diario socio-psichiatrico / 2

Quos Deus perdere vult...
( di Felice Celato)
Questa cupa sentenza di epoca moderna, tanto poco fondata teologicamente (Dio toglie prima il senno a chi Egli vuol mandare in rovina), mi veniva in mente sfogliando con disgusto i giornali di oggi: come non bastassero le vicende ILVA ed Alitalia (nelle quali si riassume tutta la devastante incapacità di governo del nostro pencolante paese), si è aggiunta la recentissima crisi psicodinamica innescata dalla questione della riforma del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), con la conseguente pletora di dichiarazioni più o meno avventate, quanto peraltro formalmente “autorevoli” e pericolose.
Del resto, diceva l’Amleto di Shakespeare, a voler definire la pazzia, che cos’è  se non l’essere né più né meno che pazzi? E così mi sono avventurato (complice la pioggia) in una ricerca, fra le principali sindromi psichiatriche, di quella che più mi pare si attagli ad una lettura del presente, applicando in chiave socio-politica le descrizioni cliniche di patologie, in origine, naturalmente individuali.
Ancora una volta, mi è stato di guida il piccolo manuale di Psichiatria e Psicopatologia del professor Gaspare Vella che già avevo usato, più di quattro anni fa (cfr. Stupi-diario socio-psichiatrico, un post del 20 marzo 2015), per esplorare quelli che - allora - mi parevano sintomi psichiatrici perfettamente “adattabili” ai percorsi “mentali” della nostra società (l’ecolalia, la fatuità, la palilalia, la verbigerazione, etc.).
Oggi invece sono andato a rileggermi il racconto (citato dal prof. Vella) dell’esperienza autistica di una giovane schizofrenica: “A volte il mio pensiero vaga qua e là senza soffermarsi su un argomento preciso e costante. Pur avvertendo il suono di una voce che mi interpella, non riesco a “riflessionare” il pensiero ed a rispondere adeguatamente; ciò avviene dopo, come in ritardo. Io vorrei “riflettere” sempre subito, su quello che mi dicono e su quello che faccio, ma ciò non mi riesce…. A forza di isolarmi dal mondo e di rinchiudermi in me stessa, mi allontano tanto dalla realtà che forse i desideri di certi momenti della mia vita assumono per me il valore di essa; mi sento completamente immersa in questa nuova realtà, pur avvertendovi un senso indefinibile di sogno…Ho dei pensieri interni, passivi, a cui a volte faccio seguire l’azione, a volte invece sono astratti, senza azione; è come se fermassi la logica del pensiero stesso. Poi ci sono i pensieri esterni che sono aggressivi, perché vengono dalla volontà altrui, cui devo associarmi o che devo rifiutare… Più tardi ancora, alcuni miei pensieri affluiscono dal subcosciente e mi impongono una falsa verità, come ad esempio di essere diventata madre; sono così costretta a vivere quella verità che, forse, è l’espressione dei miei desideri”.
Di fronte alla drammaticità di queste confessioni, c’è poco da scherzare; l’umanità ferita in quello che ha di più prezioso (la propria psiche) non può che suscitare profonda compassione.
Se mi sono permesso di estrapolarne una lettura socio-politica (provate a leggerle in chiave politica anziché in chiave psichiatrica, immaginando che sia l’Italia a parlare) è solo perché anche il mio paese mi suscita un po' di compassione, di diversa natura, s’intende; ma non per questo meno triste.
Roma 21 novembre 2019





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