sabato 2 febbraio 2019

Numeri e numerini

Sabbie mobili
(di Felice Celato)
I “numerini” delineano con chiarezza quanto era già chiaro, almeno (per dirla col filosofo inglese Robert Scruton, già qui più volte citato) a noi “pessimisti assennati”; ma  anche, forse, agli “ottimisti con scrupoli”: l’Italia “recede” (o, se amate il linguaggio degli economisti, è in recessione), mentre il resto dell’Europa semplicemente rallenta, forse trattenendo il fiato sugli scenari mondiali (e suoi propri) non certo tranquillizzanti. Gli unici a non aspettarselo erano gli “ottimisti senza scrupoli”.
Spazziamo via ogni argomento politicante: non sono in discussione – qui ed ora – gli effetti dalla famosa “manovra di governo” (attenzione: effetti economici finanziari e sociali) che – semmai– di danni ne farà in futuro (non ha certo potuto farne nel secondo semestre del 2018, quando ancora non c’era!). Al riguardo, ovviamente, nel frattempo ognuno può porre in campo le aspettative che ritiene più fondate (c’è persino chi si aspetta un vero e proprio “boom” nello splendido 2019 che ci attende), adottando lo stance psicologico e culturale che gli è più consono (per natura o…. per posizione), per esempio secondo la gradazione Scrutoniana che dicevamo poche righe fa.
Ma non è nemmeno colpa della “precedente gestione” come usavano dire i cinesi del periodo post-maoista; o per lo meno non lo è immediatamente. Che l’Italia viva, da forse trent’anni, una crisi fatta di sluggish economy e fors’anche di smarrimento culturale e sociologico, è cosa nota; qui, del resto, abbiamo più volte “usurpato” (e fatto convintamente nostro) il concetto di degrado antropologico come risultante di tale smarrimento. Ma un timido accenno di tardivo e gracile recupero di una sequenza almeno positiva nello sviluppo del PIL reale c’era pur stato fra il 2015 e il 2017 (dati Eurostat) e anche nella prima metà del 2018.
Il problema, a parer mio, è un altro e più profondo. Il fatto vero – sempre secondo me – è che la sconfortante patologia dei nostri “numerini” nasce nella nostra testa, nella confusione mentale che agita la nostra auto-percezione nel presente; e, per conseguenza, oscura le nostre più realistiche  aspettative sul prossimo futuro: chi siamo e dove vogliamo andare? Siamo un piccolo paese geloso dei propri confini fisici e culturali, che detesta ogni vicino e da ogni vicino è, ad un tempo, invidiato e insidiato, come sarebbe un condomino che trova ragione di vita nel contendere rumorosamente su tutto e con tutti? O siamo ancora (e vogliamo ancora essere) una parte importante dell’Europa, che in Europa trova il luogo dove far sentire, nei modi appropriati, la sua voce di condomino della casa comune, interessato al decoro e al funzionamento delle parti comuni dell’edificio e dell’edificio nel suo complesso? Siamo una comunità custode del futuro proprio e di quello dei suoi figli o siamo una semplice comunanza di presentisti che tutt’al più, quando si sente lungimirante, traguarda il lontano obbiettivo delle elezioni del prossimo trimestre? Ci riconosciamo, in misura sufficientemente larga, nella serie concentrica di identità culturali e valoriali (italiane, europee, occidentali e giudaico-cristiane), aperte al mondo e al mondo attente, ovvero vogliamo rinserrarci nella dimensione più minuta dei nostri orizzonti, come fossimo valligiani interessati solo all’ora in cui tramonta il sole dietro il Resegone?
Ad alcuni, tali interrogativi sembreranno così lontani dal tema dei numerini di cui abbiamo iniziato a parlare, da far dubitare della sanità mentale di chi li formula. Ma, a parte la sempre possibile fondatezza di tale ultimo dubbio, io credo – l’abbiamo già detto su queste pagine – che la vitalità economica, la vivacità imprenditiva, la pulsione ad investire per creare ricchezza (e anche a consumare per sostenerla), siano, tutte insieme, il frutto di una percezione del presente sufficientemente chiara e di un’aspettativa del futuro sufficientemente solida. 
Se sei nelle sabbie mobili (o comunque ti senti affondare in una massa viscosa incapace di sorreggere il tuo peso) non pensi a cosa fare quando esci; tutt’al più ti affanni a cercare un appiglio per aggrapparti; oppure – come suggeriscono gli esperti di sabbie mobili – cerchi di fare spazio ai tuoi piedi per riuscire piano piano ad assumere una posizione orizzontale e quindi galleggiare finché non arrivi qualcuno a trascinarti fuori. Questa, secondo me, è l’inquietante attitudine dell’Italia che “recede”; e i numerini sono figli di questa attitudine.
Roma 2 febbraio 2019





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