Il censimento dei radical chic
(di Felice Celato)
Intendiamoci bene: il libro di Giacomo Papi Il censimento dei radical chic (Feltrinelli, 2019) non è 1984 di George Orwell. Come tutti ricorderanno, lo sfondo del visionario libro di Orwell era altamente drammatico (e certamente cupo): un nuovo stato del mondo dopo una immaginata guerra atomica (il libro è stato scritto settant’anni fa), un socialismo estremo, un Grande Fratello, la Psicopolizia, gli Psicoreati, il Ministero della Verità, la Neolingua, i lavaggi del cervello, etc.
Nulla di tutto ciò nel romanzo di Giacomo Papi, per qualche verso leggero nei toni ma certamente tutt’altro che superficiale. Siamo al giorno d’oggi e la narrazione prende le mosse da un “tragico infortunio” occorso ad un anziano professore di storia dell’Illuminismo: durante un talk show commette la grave impudenza di citare Spinoza; massacrato prima verbalmente dal conduttore della trasmissione, poi mediaticamente sui social, e, infine, fisicamente bastonato ed ucciso sul pianerottolo di casa da una misteriosa folla sdegnata dal grave affronto fatto al popolo “che di giorno si spacca la schiena e - alla sera, davanti alla tv – ha il diritto di rilassarsi e di non sentirsi inferiore”.
Poi lo scenario si ampia (non è il caso qui di sintetizzare i vari accadimenti) e, passando per una brutale piccola strage rivendicata dalle Brigate Beata Ignoranza, si arriva al censimento dei radical chic come primo passo di una vera e propria caccia all’intellettuale; poi all’introduzione di un Garante per la Semplificazione della Lingua Italiana, all’individuazione delle parole proibite (per rendere più semplice la vita e più piacevoli le nostre conversazioni), etc., secondo una sequenza non priva di trovate divertenti e malinconiche. Insomma: la cultura come fumosa nemica del popolo, nel tripudio di una sorta di orgogliosa ignoranza diffusa e benefica.
Questa è la sintesi brevissima del romanzo, del resto esso stesso non lungo (meno di 150 pagine). Per certi aspetti il libro sembra la sceneggiatura ironicamente drammatizzata di alcuni dei temi acutamente messi a fuoco da Tom Nichols nel libro (La conoscenza e i suoi nemici) di cui parlavamo qualche settimana fa (cfr. Letture, del 14 dicembre 2018).
Dicevo che lo scenario non ha i toni drammatici del romanzo di Orwell; ma un certo piglio se non profetico almeno monitorio ce l’ha e, anche per questo, se ne raccomanda la lettura, del resto assai piacevole.
Quanto al messaggio di fondo… speriamo fortemente che, per il presente, Giacomo Papi esageri; e che, dopo tutto, ciò che, talora, innegabilmente ci appare uno squinternato culto delle virtù primigenie di un popolo ignorante e dispregiatore di ogni complessità sia solo l’epifania mediatizzata di quell’eterna tensione fra la democrazia e le sue derive “oclocratiche”, che, dai tempi di Polibio a questi nostri di dilagata disintermediazione politica, costituisce il vero rischio di ogni democrazia liberale.
Roma, 16 febbraio 2019
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