lunedì 19 novembre 2018

Defendit numerus / 25

Ineguaglianza
(di Felice Celato)
Una delle opinioni correnti più diffuse è sicuramente quella che le disuguaglianze economiche stiano dilagando nel mondo. Se si affronta il problema per macro-aree di umani “residenti” sulla terra, forse, istintivamente, si percepisce anche che lo straordinario sviluppo conosciuto negli ultimi decenni dalle economie dei paesi più popolati (Cina ed India, per esempio) ha in fondo prodotto un generalizzato avvicinamento delle condizioni di vita nel mondo, come del resto suggeriscono tutte le rilevazioni concernenti le aree di povertà estrema, la durata della vita, le condizioni sanitarie, la diffusione dell’istruzione, etc.; ma se si affronta il problema partendo dall’ottica “atomistica” dei singoli paesi più sviluppati, certamente l’opinione prevalente è che, appunto, le disuguaglianze economiche stiano dilagando.
Con l’aiuto dei dati elaborati da Our World in Data (di seguito OWiD), ho provato a farmi un’idea quantitativa delle tendenze rilevate nell’ultimo quarto di secolo (fra il 1990 e il 2015) nei paesi ai quali più frequentemente guardiamo (in nota c’è il link dello studio appena uscito). 
La conclusione è che non esiste un trend uniforme e che, anzi, sussistono ampie differenze (anche di segno) fra i vari paesi, a conferma del fatto – nota l’ottimo sito che torno a raccomandare alle vostre ripetute visitazioni – che l’ineguaglianza non è affatto una conseguenza inevitabile della globalizzazione. Fra i maggiori paesi Europei  coi quali siamo soliti paragonarci, l’Italia ha il livello di disuguaglianza più elevato (insieme alla Spagna), però in conseguenza delle variazioni rilevate nel quarto di secolo in discorso (il che quadra perfettamente con le dinamiche sociologiche più volte discusse e getta un’ulteriore ombra sulla qualità delle politiche fiscali seguite in questi anni). Infine, va da sé che, su scala globale, ponderando le variazioni per il numero di abitanti di ciascun paese, finiscono per essere dominanti le tendenze rilevate nei paesi più popolosi; se si prescinde, invece, da tale ponderazione – segnala OWiD –  si può ritenere l’indice globale sostanzialmente stabile nel quarto di secolo in esame.
Prima di presentare il risultato di questa mia artigianale ricerca, vale la pena di spendere due parole sull’indice comunemente usato nel mondo economico per valutare la distribuzione dei redditi all’interno di un dato paese. Si tratta dell’indice Gini (dal nome dello statistico Italiano del secolo scorso, Corrado Gini, che lo mise a punto): più l’indice sale verso il 100%  maggiore è la disuguaglianza (se in un paese l’indice fosse 100, significherebbe che tutto il reddito del paese è in mano ad una sola persona); più l’indice scende verso lo 0 minore è la diseguaglianza. Certo quest’indice, come ogni altro indice complesso, ha i suoi limiti (che si sommano con quelli correlati alla scala storica e geografica dei dati); ma fra i pro c’è sicuramente quello di essere l’indice di diseguaglianza più diffuso nella letteratura economica.
Per gli (improbabili) amanti dei numeri, segue la mia tabella, senza la quale… mi sento perso (dico mia perché l’ho ricostruita aprendo i dati forniti da OWiD; e quindi eventuali errori sono da addebitarsi solo a me).
Roma 19 novembre 2018

Variazioni dell'indice Gini in alcuni paesi del mondo (1990-2015) 

Paese
2015
1990
Tendenza (*)
USA
41
38
+ 3
Germania
32
29
+ 3
UK
34
34
=
Francia
29
28
+ 1
Spagna
35
28
+ 7
Svezia
33
24
+ 9
Portogallo
34
39
-  5
Olanda
29 
28
+ 1
Italia
35
29
+ 6
Cina
49
35
+14
India
35
30
+ 5
Russia
38
48
- 10
Argentina
42
48
- 6
Brasile
51
60
-  9
Canada
34
31
+ 3
Israele
41
36
+ 5
Australia
35
33
+ 2

(*) più = disuguaglianza cresciuta nel periodo; meno = disuguaglianza diminuita nel periodo; uguale = disuguaglianza stabile nel periodo



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