domenica 1 marzo 2015

In cerca di risposte

Che dire?
(di Felice Celato)
Da qualche tempo, mi viene difficile appassionarmi alle vicende politiche Italiane, tanto confuso ed isterico mi pare lo scenario della nostra governance; e così mi limito a seguire le vicende economiche – delle quali è impossibile dimenticarsi – e anche quelle Greche, che, per tanti aspetti, mi paiono paradigmatiche (quando si saranno stabilizzate, ne commenteremo gli insegnamenti, che, fin d’ora, mi paiono rilevanti).
Ma uno dei tanti scambi di mail con amici coi quali vale la pena di scambiarsi le idee mi ha riportato, neghittosamente, alla realtà corrente in materia politica. Il tema, appunto, è quello della governance del Paese, nel contesto dato (che è –ricordiamolo - Europeo). Confesso però di non riuscire a costruirmi una tesi, un’affermazione anche sintetica che possa fare mia con stabile convinzione; e, allora, leggo di malavoglia le cose che si pubblicano qua e là (qualche articolo di fondo, ma solo delle firme da me arbitrariamente accreditate di acutezza e saggezza o di una qualche capacità di pensare controcorrente, il  che, per antica natura, mi appassiona facilmente), esprimo a me stesso e ai soliti amici un certo consenso o dissenso su questo o su quello, e poi, se posso, passo ad altro, nella scettica convinzione che le cose scorrano – forse e per ora –  al di là di ogni possibile temporaneo consolidamento.
Alla fine però, come accennavo, mi rimane difficile abbozzare, anche per me stesso, una conclusione; mi rimane invece quasi sempre  una domanda,  uguale e contraddittoria: “come fare a dar torto a X o a Y?”, anche se X e Y sembrano esprimere valutazioni opposte. E così: come fare a dar torto allo straordinario senso di urgenza che esprime la governance di Renzi, forse anche cosciente più degli altri della decisiva importanza dei segnali di cambiamento che siamo tenuti a dare a noi stessi e a chi – a ragione – ci considera un paese impantanato nel bizantinismo e nelle ideologie? Ma anche, come fare a dar torto a Zagrebelsky che  pone in luce i seri rischi di quello che chiama “il tempo esecutivo” (vedasi http://www.eddyburg.it/2015/02/la-politica-al-tempo-dellesecutivo.html)
O come si fa a dar torto alla Spinelli (che nemmeno mi è “ideologicamente” simpatica) quando parla di “decostituzionalizzazione” strisciante ad induzione Europea (vedasi  http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-02-27/l-apatia-democrazia-081927.shtml?uuid=ABUZuW1C&fromSearch) ? 
Ma anche, come si fa a dar torto a chi (ora proprio non ricordo), commentando, l’altro giorno, la cosiddetta legittimazione democratica delle misure economiche gravanti sulla Grecia, acutamente ricordava che ormai in Europa la legittimazione democratica di una misura economica o finanziaria va valutata anche alla luce del mandato democratico ricevuto dai governi dei paesi creditori, non solo di quelli riottosi debitori?
Si potrà pensare che l’età porti naturalmente ad un’incertezza di giudizio che, peraltro,  riterrei persino saggia; ma, purtroppo, non credo sia questa la ragione del dépaysement di cui io e, magari, anche qualche mio amico soffriamo.
Credo piuttosto – e questa, invece, è una tesi sulla quale ho pochi dubbi– che il problema stia appunto nella dilagante incongruità del presente, come dicevamo negli ultimi post, cioè nella diffusa insufficienza culturale ( e - perché no?- spirituale) delle classi dirigenti, forse Europee ma sicuramente Italiane; una insufficienza che impedisce la visione d’insieme (e quindi la sintesi politica) e soggiace alle disordinate tensioni ideologiche di cui pullulano rumorosamente le nostre piazze o le nostre aule parlamentari, dove le ugole hanno preso il posto delle meningi, rivelando l’inconsistenza di ogni coesione e la generalizzata inadeguatezza delle risposte rispetto alla natura dei problemi; ma anche, forse (e su questo magari ritorneremo dopo più matura riflessione), l’avanzare di nuovi parametri democratici ai quali molti non si sono rassegnati ma con i quali occorre fare i conti.
Volendo fare dell’autoironia (cosa sempre saggia per moderare i moti dell’animo), potrei domandarmi se è il presente ad essersi fatto incongruo o se invece –con l’età – lo sono diventato io. Ma anche a questo non so (o non voglio) trovare risposte, per ora.
Roma 1 marzo 2015


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