Discorsi
(di Felice Celato)
Nella odierna, straordinaria omelia (forse
la più bella predica quaresimale che ho sentito negli ultimi 50 anni, e –
sapete della mia passione per i numeri! – ne avrò ascoltate almeno 300,
considerando 6 domeniche di quaresima, domenica delle palme inclusa, per almeno
50 anni!) il p. De Bertolis, qui diverse volte segnalato all’attenzione di chi
ama le parole intelligenti, ha menzionato (diciamo: di sfuggita) la lectio
magistralis di Flores d’Arcais di cui la stampa aveva parlato la settimana
scorsa (mi era sfuggita, ma grazie ad internet ne ho trovato ampi stralci), in
occasione , mi pare di capire, del conferimento del premio al Laico
dell’anno (sic!), una specie di Pallone d'oro della "cultura":
Ne cito qui alcuni passaggi che poi farò
seguire da alcuni passaggi del discorso di Selma del Presidente degli Stati
Uniti Barack Obama.
Dunque ecco il Laico dell’anno:
La religione è compatibile con la
democrazia solo se disponibile e assuefatta all’esilio di Dio dalle vicende e
dai conflitti della cittadinanza, solo se pronta a praticare il primo
comandamento della sovranità repubblicana: non pronunciare il nome di Dio in
luogo pubblico. (…) Le religioni compatibili con la democrazia sono dunque
religioni docili, che hanno rinunciato a ogni fede militante (di sharia e
martiri o di legionari di Cristo e altre comunioni e liberazioni) che intenda
far valere nel secolo la morale religiosa. Sono religioni sottomesse. Nella versione di Flores, il credente è civicamente
minus habens perché incapace di interiorizzare autonomamente la scelta
pro-democrazia e in grado di riconoscerla solo affidandosi all’autorità
religiosa di riferimento.
O l’esilio di Dio dall’intera sfera
pubblica o l’irruzione del Suo volere sovrano — dettato come sharia o
altrimenti decifrato — in ogni fibra della vita associata. Aut aut. Ecco perché è inerente alla
democrazia l’ostracismo di Dio, della sua parola e dei suoi simboli, da ogni
luogo dove protagonista sia il cittadino: scuola compresa, e anzi scuola
innanzitutto, poiché ambito della sua formazione. Al fedele restano chiese,
moschee, sinagoghe, e la sfera privata.
[Spero che le citazioni siano esatte,
perché le ho riprese da un sito che di solito….non manca di spirito polemico, talvolta, a parer mio, eccessivo: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-califfo-flores-mette-le-manette-anche-a-dio-12035.htm]
Ed ora passiamo al Presidente di un Paese
che, evidentemente, non sa che cos’è la democrazia [chi vuole troverà ampi stralci del
discorso su Il corriere della sera del 9 marzo]:
A cinquant’anni dal Bloody Sunday (Domenica di Sangue), la
nostra marcia non è ancora finita. Ma ci siamo vicini. A 239 anni dalla
fondazione di questa nazione, la nostra unione non è ancora perfetta. Ma ci
siamo vicini. Il nostro lavoro è più facile, perché qualcuno ci ha già portato
oltre quel primo miglio. Qualcuno ci ha già fatto passare attraverso quel
ponte. Quando la strada si farà troppo dura, quando la torcia che ci è stata
passata sembrerà troppo pesante, ci ricorderemo di questi primi viaggiatori,
trarremo forza dal loro esempio, e ci atterremo saldamente alle parole del profeta
Isaia: “Quelli che sperano nell’Eterno acquistano nuove forze, s’alzano a
volo come aquile; corrono e non si stancano, camminano e non s’affaticano”
Onoriamo coloro che hanno camminato
cosicché noi potessimo correre. Dobbiamo correre così i nostri figli voleranno.
Non ci stancheremo. Perché crediamo nel potere di un Dio eccelso, e crediamo
nella sacra promessa di questo Paese.
Possa Egli benedire quei guerrieri della
giustizia non più con noi, e benedica gli Stati Uniti d’America.
Bene. I miei lettori sanno che una certa,
corrente accezione di laico non proprio mi si addice; ma…. laicamente mi
astengo da ogni commento. Mi limiterò a citare il motto degli Stati Uniti
d’America: In God we trust.
Roma,
15 marzo 2015 ( IV domenica di quaresima e, laicamente, 2059° anniversario
dell’uccisone di Giulio Cesare)
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