Divagazioni serie
e non
(di Felice Celato)
Scriveva
sant’Agostino: Cos’è dunque il tempo? Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi
spiegarlo a chi m’interroga, non lo so. Questo però posso dire con fiducia di
sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla
che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non
esisterebbe un tempo presente. Due, dunque, di questi tempi, il passato e il
futuro, come esistono, dal momento che il primo non è più, il secondo non è
ancora? E quanto al presente, se fosse sempre presente, senza tradursi in
passato, non sarebbe più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per essere
tempo, deve tradursi in passato, come possiamo dire anche di esso che esiste,
se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare
con verità di esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere.
Eppure…almeno nelle giunture,
il tempo si sente….anche se tende a non
esistere.
Certo, come spiegava Einstein,
il tempo ha una sua dimensione relativa: Quando
un uomo siede vicino ad una ragazza carina per un’ora, sembra che sia passato
un minuto; ma fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà
più lungo di qualsiasi ora.
Eppure…,
anche senza essere mai stato seduto su
una stufa accesa, il tempo passato mi pare lungo e non credo che sedere
vicino ad una ragazza carina mi farebbe sembrare il futuro più breve.
Già,
perché, in fondo la scansione del tempo che più ci interessa è quella più
sconosciuta, il futuro, anche se viviamo intensamente il presente per ragioni
che abbiamo scelto e per ragioni che non abbiamo scelto. Ad essa (la scansione
del tempo futuro), ad una certa età, guardiamo
non certo con la “chiave” del krònos
greco (il tempo nella sua dimensione quantitativa) ma con quella del greco kairòs (il tempo nella sua dimensione
qualitativa, il tempo giusto), così come lo descrive il Qoèlet (Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo
per ogni faccenda sotto il cielo…un tempo per nascere e un tempo per morire….un
tempo per stracciare e un tempo per cucire….un tempo per tacere ed un tempo per
parlare…), un tempo racchiuso fra il lontano già ed il prossimo non ancora
di cui ci parlano Giovanni (1 Gv, 3,2) e Paolo (Rm, 5,9).
Un
brillante scrittore italiano del secolo scorso (Ennio Flaiano) scherzava
dicendo di avere una tale sfiducia nel futuro che ormai faceva solo progetti
per il passato. A noi che sentiamo di vivere fra il già e il non ancora, ci
spetta invece ancora di guardare al futuro come una serie di kairoi (di tempi giusti) per stracciare quello che va stracciato e
per cucire quello che il buon Dio
vorrà ancora affidare al nostro ago e alle nostre mani.
Roma,
5 gennaio 2015
PS.
Questi pensieri sono dedicati ad un amico che compie gli anni.
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