2015, fra Peter Pan e Mersault
(di
Felice Celato)
Voglio
iniziare l’anno avventurandomi in una rischiosa previsione: credo che l’Italia uscirà,
nel 2015, da quella che tecnicamente si chiama recessione (cioè la perdurante diminuzione
del PIL, Prodotto Interno Lordo; nel 2012 –2,4, nel 2013 –1,9; nel 2014, forse,
- 0,5.%), dopo, appunto, 3 anni di forte contrazione del PIL (quasi 5 punti
percentuali nel triennio, corrispondenti, più o meno, a un’ottantina di
miliardi di € di minor ricchezza prodotta nel 2014, rispetto ai 1640 del 2011).
Mi
piacerebbe pensare che all’origine di questa sperata “ripresina” ci possano
essere le misure adottate e progettate, con grande strepito di trombe, dal
nostro Paese; ma temo di non potermi avventurare anche in questa spericolata
previsione (che pure, ovviamente, mi farebbe immenso piacere) perché penso che,
se ripresa ci sarà, le ragioni finiranno per essere altre (nella sostanza,
intendo, non nelle parole): per nostra fortuna i tassi di interesse
eccezionalmente bassi, il petrolio in forte calo e il dollaro più forte verso
l’euro, sembrano essere, nel complesso, concomitanti eventi esterni di natura
tale da spingere verso una moderata ripresa degli investimenti, da un lato per
le contrazioni di costo che determinano (petrolio e interessi), dall’altro per
il sostegno che offre il deprezzamento dell’euro agli esportatori. A ciò
aggiungasi il “traino” che può determinare sulla nostra economia il previsto
tasso di sviluppo di altre circostanti (USA, Eurozona, etc). Se a ciò si
aggiungerà anche qualcosa di “fatto” in questi mesi, sarà bene ma – se ben
intendo ciò che è stato fatto (il che non è detto) – non credo che peserà più
di tanto.
Ma,
ancora temo, le buone notizie finiscono qui: intanto perché questi concomitanti
eventi esterni sono aleatori per la loro stessa natura; poi perché il contesto
internazionale mi pare tanto complesso (questione Greca, Ukraina e crisi Russa,
amletismi Europei, etc., per tacere del Medio Oriente) da farmi temere
l’improvviso innesco di tensioni politiche e finanziarie difficili da fronteggiare
nelle posizioni di debolezza culturale, economica e finanziaria che da tempo ci
caratterizzano; infine perché continuo a vederci così rumorosamente confusi e
discordi nella individuazione dei nostri mali (e dei conseguenti rimedi) e così
incerti nell’imboccare la strada giusta (anche nelle poche cose per le quali la
intravvediamo) che temo la consueta oscillazione pendolare fra le sindromi che
ci portiamo addosso: da un lato, quella di Peter Pan, l’aeternus puer, il giocherellone che non vuole crescere, che non
vuole fare i conti con la realtà, sempre alla caccia di prove della propria
eccezionalità (sia l’Italia Germania 4-3 o l’italiana astronauta o la
ricercatrice affermata), sempre egocentrico ed ottimista; dall’altra, la sindrome di Mersault, che non spera più perché
addirittura “si è liberato della speranza”
per aprirsi “alla dolce indifferenza del
mondo”, come dice di se stesso Lo
straniero di Camus, e, per sentirsi “meno
solo”, si augura solo “che ci siano
molti spettatori il giorno della…(sua propria) esecuzione”.
Noi,
certamente, non ci sentiamo Mersault ma nemmeno Peter Pan: vorremmo essere solo
persone serie che, guardando al prossimo futuro con ragionata speranza e
fondati timori, pensano che sia possibile uscirne fuori salvi, ma solo aggrappandosi
alla verità e alla fatica, virtù che Peter Pan non ama. Per questo il 2015 ci
appare un anno di volatili opportunità e di pesanti rischi. Speriamo bene ( a
fine anno tireremo le somme, se ci saremo).
Roma
1° gennaio 2015
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