domenica 13 ottobre 2013

Funerali

I funerali di Priebke
(di Felice Celato)
Credo che nessuno che mi conosca possa negare la mia vicinanza, la mia stima, la mia ammirazione per la cultura e la spiritualità ebraica alle quali ho dedicato, da molti anni, lunghe letture, passione intellettuale e vero affetto.
Figuriamoci dunque se si possa immaginare un mio “cedimento” sulla condanna di uno qualsiasi dei tanti, ingiusti e atroci dolori cagionati a questo popolo e a questa “stirpe” di nostri padri nella fede e nella nostra cultura!
Dunque non ho dubbi – e come si potrebbe altrimenti? – sulla natura criminale degli atti esecrandi compiuti, proprio nella nostra città, da Priebke, 70 anni fa, ferma restando la necessità di guardare a queste terribili colpe alla luce di considerazioni che abbiamo svolto altre volte sul tema della “banalità del male” (vedansi i post su Ecologia della convivenza/2 e /3, rispettivamente del 5 aprile e del 20 agosto 2012).
Bene, sgombrato il campo da questo impossibile dubbio, eccomi ora a discutere, da cattolico (guelfo e clericale, se volete, ma non chierichetto!) sugli strani ondeggiamenti pubblici che leggo sui giornali (da prendere quindi, come al solito, col beneficio di inventario!) da parte del Vicariato di Roma (appoggiato, incredibilmente, pare, dal teologo Bruno Forte, che ho sempre letto con ammirazione) sulle esequie religiose di Priebke.
Esecrando criminale, pentito o non pentito (non giudicherei dalle “dichiarazioni” pubbliche di un centenario!), Priebke, che – dice il suo avvocato (sul Corriere di oggi) – “era un fedele della Chiesa, si confessava e ha anche ricevuto l’assoluzione”, va accompagnato al giudizio di Dio con gli stessi riti che “spettano” ad ogni uomo che si creda, si dichiari e si senta fedele, anche in limine mortis; nel silenzio, nella discrezione, nella riservatezza anche, che si ritengano necessarie per evitare becere manifestazioni di contrapposta emotività, ma non vedo ragione per non farlo, quand’anche questo dovere possa spiacere “alla pubblica opinione”.
E va seppellito, dove, per le stesse ragioni, si ritenga più opportuno, ma come ogni altro peccatore.
Su tutti i morti si stende il silenzioso rispetto che si deve al giudizio misericordioso di Dio padre, che, attraverso Suo figlio, ha preso su di sé, tutti i peccati del mondo.
Non vedo alternative praticabili in coscienza e nella fiducia nella misericordia di Dio (alla quale nulla è impossibile), né per Priebke, né per i mafiosi, né per i suicidi.
Le forme sono un altro problema.

Roma13 ottobre 2013

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