lunedì 5 agosto 2013

Segnalazioni

La tana dell’odio
(di Felice Celato)
Non mi pare di aver segnalato agli appassionati di letture questo romanzo (La tana dell’odio, appunto, Edizioni San Paolo) di Giovanni D’Alessandro che merita senz’altro di essere letto e anche amato (si tratta di un romanzo storico ambientato nella Bosnia di vent’anni fa, di cui è protagonista un giovanissimo profugo adottato da Italiani e da noi poi diventato un medico che cerca le sue radici).
Li ho conosciuti, questo autore e questo libro, grazie ad una bella recensione che ne fa il p. Ferdinando Castelli SJ sul numero 3913 del 6 luglio u.s. di Civiltà Cattolica, alla quale rimando per una  più colta e approfondita disamina del libro [nello stesso numero c’è anche un interessante articolo del p. Ottavio De Bertolis SJ – ben noto ai lettori di questo blog – su “Le parole della legge” che raccomando ai cultori di temi filosofico-giuridici e, quindi, lato sensu, politici].
Proprio da questa recensione del p. Castelli vorrei partire per riprendere il tema – che evidentemente mi appassiona molto! – della (mi si lasci usare questa definizione rozza e forse irritante) “giustificazione” culturale del romanzo (e, per quanto mi riguarda, delle molte ore, prevalentemente notturne, che ad esso dedico).
Dunque: mi pare che il p. Castelli (che a differenza di me, è senz’altro un “vero” critico letterario, e, per di più, di quelli – per me rari – al cui giudizio ci si può affidare con sicurezza), nelle premesse al commento, svolga delle considerazioni che largamente confortano quanto andavo umilmente dicendo nei post su Yellow Birds di Kevin Powers (segnalazione del 14 luglio u.s.) e su E l’eco rispose di Khaled Hosseini (segnalazione del 3 luglio u.s.). Dice, infatti, il p. Castelli che il libro di D’Alessandro “ridona alla letteratura la dignità di opera formativa della coscienza e informativa della nostra storia” (le sottolineature sono mie e servono ad evidenziare…il conforto che mi pare di aver trovato nelle parole di uno specialista alle mie dilettantesche considerazioni sul “senso” da dare alle “compulsive” ricerche, fra i libri, di romanzi che valga la pena di leggere).
Bene. Se così è, aggiungo il mio modesto suggerimento a quello assai più competente del p. Castelli: il libro di D’Alessandro (disponibile anche in e-book) va letto e forse fatto leggere anche ai nostri figli; in fondo la Bosnia non è lontana né nel tempo né nello spazio e ciò che ha insegnato al mondo è proprio quanto l’autore, quasi in prima persona, considera alla fine del libro: “Voi tutti, che dimenticate ogni volta, giratevi….recitate ‘le tane dell’odio sono sempre tra noi, anche quando non si vedono. Noi abbiamo imparato che ciò è vero, come il sole sorge ogni giorno. Non lo dimentichiamo. E vigiliamo’. Date ai vostri figli i nomi di ogni tana dell’odio. Fatelo, se li amate veramente. Per proteggerli. Per ammaestrali. Chiamateli: Auschwitz Avaricum Bergen-Belsen Cefalonia Chatila Dachau Dresda Goli Otok Katyn Lidovice Milay Marzabotto Pietransieri Sant’Anna Sabra Srebrenica Visegrad Zakplopaca e raccontate cos’è successo lì…e quando i vostri figli vi chiederanno il perché di nomi così strani, in lingue tutte diverse fra loro, rispondete che il nome di ogni tana dell’odio è Auschwitz ed è Zaklopaka, ma soprattutto è Ovunque.” E prima, citando un antico proverbio balcanico: “’L’odio dorme in una tana di neve, temi ogni giorno che si leva il sole’. Lo copriva solo un esile strato di neve…e il suo sonno era leggero: anche il sole, sorgendo senza colpa, ogni giorno poteva scioglierla, risvegliando ciò che sotto dormiva”.

Orbetello, 5 agosto 2013

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