Come
quei ch’ha mala luce
(di
Felice Celato)
La
sentenza del secolo (o, forse, più realisticamente, del ventennio, quello
appena decorso), attesa con interessata speranza da alcuni, con odio cieco e
fazioso da altri, con preoccupazione dai più assennati, è finalmente uscita,
generando un flusso continuo dei commenti monotoni, di beceraggini insulse e di molte
stupidaggini; fra queste ultime, spiccano le pompose enunciazioni di “quelli
che…’le sentenze non si commentano e si rispettano’”: se le sentenze non si
commentassero bisognerebbe ridurre da 5 a 2 anni il corso di laurea in
giurisprudenza; quanto al rispetto dovuto alle sentenze, va detto che il
rispetto ad esse dovuto è uguale a quello che spetta ad ogni atto dello Stato,
dalle sentenze (appunto) alle leggi: chi dice, per esempio (e io sono tra
quelli), che la legge Bossi-Fini o il cosiddetto Porcellum sono un obbrobrio può anche dire, se lo pensa, che sia un
obbrobrio una sentenza.
Nello
specifico io non ho giudizi di sorta, perché me ne mancano gli elementi che
invece molti hanno o, spesso, fingono di avere; penso, invece, che ad essa
siano legate conseguenze politicamente preoccupanti, nel breve e nel lungo
termine, conseguenze che, ovviamente, i giudici non erano tenuti a valutare.
Però,
anche sulla base di recenti visite oculistiche (che escludono cataratte!), mi
sento come i dannati dell’Inferno Dantesco: “noi veggiam, come quei ch’a mala luce, le cose, disse, che ne son
lontano….quando s’appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s’altri
non ci apporta, nulla sapem del vostro stato umano”: come i presbiti, mi
pare di veder male quello che è vicino (terrà veramente il Governo del -dover
ancora- fare?) e che, per la bizzarria del nostro paese, è già in sé più
difficile da discernere; e invece, sempre mi pare, di veder meglio
quello che può accaderne nel tempo più lungo: la fine politica di Berlusconi mi
pare sancita, e questo – per la verità – in sé non mi preoccupa più di tanto:
“i cimiteri sono pieni di gente che si riteneva indispensabile” diceva, a
ragione, un mio vecchio capo. Il problema che vedo però è quello della
probabile implosione della raffazzonata forza “politica” che a lui faceva capo;
anche qui non perché ad essa, così come oggi è composta, si potesse affidare la
certezza di realizzazione del progetto di un’Italia meno statalista, più
libertaria e meno conservatrice che ne costituiva la ragion d’essere; ma perché
senza di essa tale progetto, di cui l’Italia ha estremo ed urgente
bisogno, mi pare ancora più a rischio.
In
altri termini: temo che dalla (probabile) diaspora delle forze che, almeno
nominalmente, presidiavano tale progetto venga fuori un relativo rafforzamento
di coloro che ad esso si oppongono per strenue risonanze ideologiche o per
insuperabili limiti culturali (e potrei fare nomi e cognomi, ma me ne
astengo….perché fa già abbastanza caldo e non intendo “riscaldarmi” di più).
Sarebbe
veramente doloroso che chi non ha mai votato per Berlusconi – senza peraltro
mai nutrire verso di lui sentimenti di odio ideologico o di umano disprezzo –
debba rimpiangerlo nel futuro a causa di coloro che di tale odio ideologico ed
umano disprezzo hanno fatto una bandiera per occultare la pochezza delle
proprie visioni del mondo.
Roma
2 agosto 2013
Nessun commento:
Posta un commento