venerdì 2 agosto 2013

2 agosto 2013

Come quei ch’ha mala luce
(di Felice Celato)
La sentenza del secolo (o, forse, più realisticamente, del ventennio, quello appena decorso), attesa con interessata speranza da alcuni, con odio cieco e fazioso da altri, con preoccupazione dai più assennati, è finalmente uscita, generando un flusso continuo dei commenti monotoni,  di beceraggini insulse e di molte stupidaggini; fra queste ultime, spiccano le pompose enunciazioni di “quelli che…’le sentenze non si commentano e si rispettano’”: se le sentenze non si commentassero bisognerebbe ridurre da 5 a 2 anni il corso di laurea in giurisprudenza; quanto al rispetto dovuto alle sentenze, va detto che il rispetto ad esse dovuto è uguale a quello che spetta ad ogni atto dello Stato, dalle sentenze (appunto) alle leggi: chi dice, per esempio (e io sono tra quelli), che la legge Bossi-Fini o il cosiddetto Porcellum sono un obbrobrio può anche dire, se lo pensa, che sia un obbrobrio una sentenza.
Nello specifico io non ho giudizi di sorta, perché me ne mancano gli elementi che invece molti hanno o, spesso, fingono di avere; penso, invece, che ad essa siano legate conseguenze politicamente preoccupanti, nel breve e nel lungo termine, conseguenze che, ovviamente, i giudici non erano tenuti a valutare.
Però, anche sulla base di recenti visite oculistiche (che escludono cataratte!), mi sento come i dannati dell’Inferno Dantesco: “noi veggiam, come quei ch’a mala luce, le cose, disse, che ne son lontano….quando s’appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s’altri non ci apporta, nulla sapem del vostro stato umano”: come i presbiti, mi pare di veder male quello che è vicino (terrà veramente il Governo del -dover ancora- fare?) e che, per la bizzarria del nostro paese, è già in sé più difficile da discernere; e invece, sempre mi pare, di veder meglio quello che può accaderne nel tempo più lungo: la fine politica di Berlusconi mi pare sancita, e questo – per la verità – in sé non mi preoccupa più di tanto: “i cimiteri sono pieni di gente che si riteneva indispensabile” diceva, a ragione, un mio vecchio capo. Il problema che vedo però è quello della probabile implosione della raffazzonata forza “politica” che a lui faceva capo; anche qui non perché ad essa, così come oggi è composta, si potesse affidare la certezza di realizzazione del progetto di un’Italia meno statalista, più libertaria e meno conservatrice che ne costituiva la ragion d’essere; ma perché senza di essa tale progetto, di cui l’Italia ha estremo ed urgente bisogno, mi pare ancora più a rischio.
In altri termini: temo che dalla (probabile) diaspora delle forze che, almeno nominalmente, presidiavano tale progetto venga fuori un relativo rafforzamento di coloro che ad esso si oppongono per strenue risonanze ideologiche o per insuperabili limiti culturali (e potrei fare nomi e cognomi, ma me ne astengo….perché fa già abbastanza caldo e non intendo “riscaldarmi” di più).
Sarebbe veramente doloroso che chi non ha mai votato per Berlusconi – senza peraltro mai nutrire verso di lui sentimenti di odio ideologico o di umano disprezzo – debba rimpiangerlo nel futuro a causa di coloro che di tale odio ideologico ed umano disprezzo hanno fatto una bandiera per occultare la pochezza delle proprie visioni del mondo.
Roma 2 agosto 2013


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