martedì 4 dicembre 2012

Stupi-diario compiaciuto


Mosca non abita in Friuli
(di Felice Celato)

Pare – ci spiegano i commentatori della Divina Commedia – che Mosca  de’ Lamberti (che, non a caso, Dante pone, nell’Inferno, nel cupo girone dei seminatori di discordia, canto XXVIII) sia stato, con un torvo consiglio, all’origine del feroce contrasto fra guelfi e ghibellini “che fu ‘l mal seme per la gente tosca”: famosa la sua frase “capo ha cosa fatta” – versione dantesca del più corrente “cosa fatta capo ha” – con la quale consigliò di uccidere uno dei capi della fazione avversa, dando esca, diremmo oggi, all’escalation i cui effetti Dante definisce, appunto, “l’mal seme per la gente tosca”.
Non sorprende dunque – e del resto il Padre Dante ce ne dà numerose altre testimonianze in tutta la Divina Commedia – che l’Italia da sempre sia stata terra di contese aspre, senza esclusione di colpi, verbose e talora anche violente, tali da usurare progressivamente – e qui siamo, ahinoi!, ai giorni nostri – la stessa tessitura della nostra compagine sociale, rendendo “quasi inconsistente il pensiero collettivo”(Censis, 2011). Con le conseguenze culturali, sociologiche, antropologiche e – alla fine, ma solo alla fine – economiche, che sappiamo.
E dunque, ancora, non sorprenda lo stupore (uno dei pilastri di questa rubrichetta) che mi ha pervaso nel leggere (Corriere della sera di oggi) che due oscuri ma nobili paesini del Friuli ( Rivignano, 4453 abitanti, e Teòr, 1997 abitanti) hanno deciso, con regolare referendum (il popolo è sempre sovrano, perbacco!) di fondersi in un unico comune.
Siamo sempre stati simpatizzanti, per ragioni parentali ed amicali, di questa silenziosa regione di confine dai magnifici formaggi e dai raffinati vini bianchi, ma stavolta siamo proprio entusiasti!
Per una pavloviana reazione scettica, mi è curiosamente venuto in mente un opposto esempio di laceranti discordie che, in tutt’altro ambito, hanno dato, proprio in questi giorni, l’esempio di come siamo diventati capaci di “farci male da soli”: persino una “banale” IPO (Initial Purchasing Offer, un’offerta di sottoscrizione in borsa) di una società di infrastrutture (la SEA) è stata paralizzata sul mercato da un’aspra (ed intempestiva) contesa fra soci, che ha spaventato investitori italiani e stranieri e ha fatto fallire l’operazione  (con il probabile seguito di carte da bollo, ricorsi e querele).
Che dire? Facciamo largo ai Friulani!
Roma, 4 dicembre 2012

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