Natale
2012
(di Felice Celato)
Che cosa c’è nel Natale che sempre rinnova gioia e
speranza? Perché – pur in una società largamente secolarizzata – la nascita di
un bambino, sia pure “speciale”, apre le menti, forse le anime, ad un nuovo
rigenerarsi? Forse il fatto che del nuovo e della speranza e della speranza del
nuovo ogni bambino è appunto la naturale incarnazione?
Forse.
Dal punto di vista umano è, forse, sempre così. Non a
caso questa festa si pone così vicino alla fine di un anno e al principio di un
altro nuovo e di un nuovo ciclo della luce, come fosse una pagina che si gira
in attesa di leggere quella che segue e che si aspetta più bella.
Ma questo bambino “speciale” non è un semplice
bambino; è anche, per chi lo crede, il Dio che si incarna. E anche chi non lo
crede, lo desidererebbe un Dio che viene, perché – ne sono convinto – c’è in
tutti una nostalgia del divino, come sarebbe quella del “posto” da cui siamo
venuti, anche sepolta nei recessi dell’anima, sotto strati di indifferenza e di
cinismo.
Al Dio che viene, dunque, creduto o solo sentito
raccontare, ciascuno affida il proprio carico di attese buone, perché si
avverino a cominciare da dentro di noi.
Durerà poco, questo Natale, come ogni Natale e ci
vedremo ben presto “al lavoro” con le durezze di sempre; ma quel poco che dura
vale la pena di essere goduto, perché anche un breve tratto di speranza fa
bene! Soprattutto quando il presente è così stanco, quasi estenuato.
Auguro a tutti, invece, che il Natale duri a lungo, soprattutto
dentro di noi!
Roma 23 dicembre 2012
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