mercoledì 12 dicembre 2012

Verso la campagna elettorale.


Avvinghiati all’intelligenza
(di Felice Celato)
Prima dell’approvazione della legge di stabilità e delle conseguenti dimissioni del Governo non sarà possibile capire appieno come sarà questa campagna elettorale che già si presenta così male. La svolta decisiva si avrà  quando Monti   deciderà (o, meglio, esternerà la propria decisone) se candidarsi e con quale supporto politico/elettorale. Allora magari ne riparleremo per ragionare insieme sul da farsi (intendo: con coloro che non sanno già cosa fare; e io sono fra quelli).
Tuttavia sui prodromi dell’ordalia, vale già la pena di riflettere, se non altro per predisporre la nostra mente e la nostra pazienza al duro periodo che sicuramente ci attende.
La palese idiozia (“che ci importa a noi dello spread?”) esternata da chi certamente idiota non è (potrà essere stanco, forse politicamente disperato, ma certamente non idiota) ci dà la misura di una rincorsa al vorticoso ribasso della qualità delle proposte che saranno sottoposte al famoso “popolo sovrano”; e gli “inviti” alla saggezza che ci vengono da fuori (per quanto sgraditi o sgradevoli siano; e certamente per me sono stati  ad un tempo centrati e sgradevoli) ci danno la misura della oggettiva  preoccupazione che destiamo (l’Italia non è la Grecia e nemmeno la Spagna!). E anche di come ormai le decisioni che la politica nazionale può prendere siano estremamente limitate, soprattutto quando si è pieni debiti e ancor più di problemi. E, infine, di quanto poco affidante sia lo scenario sociologico, culturale e politico che si va mettendo insieme in questa lunga vigila elettorale (ci piaccia o no, certi personaggi pittoreschi o grotteschi che incarnano….o re-incarnano, a destra o a sinistra,  buona parte dell’attuale offerta politica che viene proposta agli Italiani non sono fatti per piacere a chi si preoccupa dell’Italia come pezzo essenziale dell’Europa).
Come ho sempre pensato, i popoli prima o poi pagano il prezzo  di non aver saputo scegliere i propri capi (o di non essersi liberati per tempo di quelli che si siano rivelati inidonei): dall’Italia di Mussolini alla Germania di Hitler, dalla Palestina di Arafat all’Iraq di Saddam o alla Libia di Gheddafi, gli esempi anche contemporanei non mancano.
Noi, per nostra fortuna, abbiamo davanti un evento – le prossime elezioni – che rimetterà in mano al “popolo sovrano” l’arma democratica per “re-settare”  fisiologicamente le scelte del passato (per me sbagliate, ma non importa più); e possiamo farlo – grazie a Dio! – in piena libertà e pace. Dobbiamo cercare di farlo però solo con intelligenza, che non ci manca come popolo ma che spesso lasciamo traviare dalle pulsioni emotive della natura più disparata.
Prepariamoci ad affrontare questi due durissimi mesi che abbiamo davanti avvinghiandoci (sì, avvinghiandoci!) solo all’”intelligenza delle cose”, cioè alla comprensione della realtà così com’è, anche prescindendo dalle responsabilità  che l’hanno fatta, appunto, com’è;  e all’”intelligenza dei messaggi”, cioè alla cura attenta di quello che si dice e alla critica razionale a ciò che ci viene detto. Non lasciamo pertugi di sorta, per quel che possiamo, a narratori di fiabe, ad eccitatori di pance, ad emozionisti sconclusionati ed incoscienti.
Sarà un esercizio difficile, perché le cose sono terribilmente complicate e non sopportano semplificazioni becere; e perché il “pabulum” che la situazione offre alla rabbia e all’irrazionalità è abbondante e può ispirare messaggi  seducenti. Ma è un esercizio necessario per non sbagliare ancora e per non accumulare un conto negativo  troppo lungo, da far regolare, prima o poi,  alla storia, con maggior dolore.
Roma, 12.12.12

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