giovedì 13 aprile 2023

Un esercizio calligrafico

 Antologia politica

(di Felice Celato)

E’ difficile fare i conti con la natura della nostra (intesa come nostrana) comunicazione politica; ma vale la pena di tentare un esercizio: che cosa direi se fossi chiamato a parlare (in pubblico, s’intende) della nostra situazione? Proviamo a fare un esercizio antologico e calligrafico, attingendo indistintamente dalle “fonti”:

Cari concittadini,

nel rivolgermi a voi, in questo periodo tanto difficile della nostra contemporaneità, sento il dovere di parlarvi col linguaggio della chiarezza e della verità. Sì, della verità, della verità che tante volte la politica nasconde sotto un cumulo di parole dalle quali fatica ad emergere il disegno preciso delle cose da fare! Con l’umiltà di chi crede appunto che la politica consista nel “fare”, dopo tanti anni di troppe parole, provo a delineare il progetto preciso di ciò che noi intendiamo proporre al vostro consenso.

Che Italia vogliamo? L’idea del nostro paese (o, se preferite, della nostra nazione) è quella di una comunità conscia dei propri valori e vogliosa di vederli perseguire, finalmente, con concretezza e coraggio. Una comunità che sappia avere il suo riferimento nella sua storia, nella centralità del cittadino e dei suoi bisogni; ed abbia la sua bussola nel nostro collocamento occidentale ed europeo. Saldi in questa visione, che trova nel lavoro il suo fondamento costituzionale, noi perseguiremo con fermezza l’obbiettivo di un benessere diffuso e giusto, fondato sull’impegno di tutti e di ciascuno ad operare per il bene comune, nella salvaguardia dei meriti e delle capacità di ciascuno, nella tutela dei diritti delle minoranze, nel rispetto delle diversità e delle opportunità che tale diversità pone a diposizione dello sviluppo e del progresso. Qui non posso sottrarmi ad un doveroso richiamo alle condizioni del lavoro, che devono garantire prima di tutto la sicurezza dei lavoratori ed assicurare a ciascuna famiglia tutto quanto necessario per il suo sviluppo e per la crescita, culturale e civile, delle nuove generazioni, nel pieno rispetto dei valori meritocratici e della tutela dei più deboli. Una attenzione non marginale va poi riservata - proprio per queste precise esigenze di futuro – allo strumento principe della crescita di un paese nel moderno contesto competitivo internazionale: la scuola! La scuola che noi vogliamo aperta a tutti, moderna, attenta alle esigenze di un mondo sempre più digitale, ma nel contempo rispettosa del patrimonio di valori e di cultura di cui l’Italia, da sempre faro di civiltà, è depositaria e custode! 

Ma non può essere sottratta all’attenzione di ciascuno di noi l’assoluta necessità alla tutela dell’ambiente che ci circonda, che abbiamo il dovere di tutelare, anche (ma certamente non solo!) come mezzo per mantenere al nostro bellissimo paese (o, se preferite, alla nostra nazione) il suo indiscusso primato nel turismo internazionale, che tanto prestigio genera nei confronti dell’Italia. Anche da qui nasce la nostra massima attenzione nella salvaguardia e nello sviluppo del made in Italy, di cui in fondo anche il turismo è  parte e che costituisce l’incomparabile biglietto da visita nel nostro paese (e dei suoi territori che ne costituiscono l’anima).

Un capitolo particolare di questo nostro programma va dedicato agli stereotipi che da tempo ci siamo avvezzati a sopportare senza il necessario spirito critico. Il primo è l’ormai risibile preoccupazione per il cosiddetto nostro debito pubblico, un ritornello che ci proponiamo vicendevolmente ogni volta che qualcuno si azzarda a disegnare qualche intervento destinato a proteggere le fasce di popolazione più debole, i pensionati o, addirittura, coloro che necessitano di cure ed attenzioni. Dicevo risibile preoccupazione, perché la storia anche recente ci dimostra che ciò che è debito buono non è debito ma investimento per un futuro migliore, di tutti e di ciascuno. Il secondo stereotipo è la presunta incapacità del nostro Paese (o, se preferite, della nostra nazione) di spendere efficacemente e trasparentemente ciò che è necessario per la sua crescita e per la salvaguardia dei suoi valori: la vicenda della ricostruzione del cosiddetto Ponte Morandi è la riprova che, quando l’emergenza lo richiede, il nostro Paese (o, se preferite, la nostra nazione) sa agire con tempestività ed efficacia, dando il meglio di sé. E questo modello è quello che guiderà la nostra azione nel futuro. E la prima replica di questo modello la vedremo in atto nella realizzazione del famoso Ponte sullo Stretto di Messina, che, dai tempi più antichi, costituisce il sogno dei territori interessati e dell’intero Paese (o nazione se preferite).

Bene, concludo questa mio discorso programmatico con un appello a voi tutti e a ciascuno di noi: su queste basi, serie, concrete e sicuramente condivise, siatene certi costruiremo – col vostro voto – un’Italia migliore, che sappia giocare appieno, in Europa e nel mondo, il ruolo che le spetta! 

Dicevo all’inizio che questo esercizio attinge largamente alle fonti (migliori) della nostra comunicazione politica. Di quali precisamente non so (destra, sinistra, mezza destra, mezza sinistra, boh!); sono però quasi certo che questo cumulo di paludate banalità potrebbe piacere a molti.

Roma 13 aprile 2023

 

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