Esercizi di anti-forestierismo
(di Felice Celato)
Avendo appreso dei nascenti pruriti puristi contro i forestierismi (uso di parole di origine straniera) ha fatto stamane un esercizio per predispormi – da cittadino rispettoso delle leggi – al nuovo corso identitario. Eccone i (deludenti) risultati.
Ho ascoltato nel dormiveglia mattutino, come ogni mattina, una sconfortante rassegna radiofonica della stampa quotidiana e ho cominciato ad inquietarmi: ucciso un blogger russo, barchini low cost pronti a salpare verso l’Italia, boom sovranista in Finlandia, mostra del Vinitaly con relative fake-news svelate da un sommelier, controlli sugli operatori in virtual-asset, risultati del clik-day, boom delle iscrizioni a medicina, nuove chances delle certificazioni, la filiera dello smart-building, nuove prospettive del coworking, nuovi trend del cibo, sconti e promozioni on-line, Draghi forse incontra la premier, lo stop ad una chat, un nuovo fungo killer, l’Anti-trust sanziona le compagnie telefoniche, difendiamo il made in Italy, il flop delle case della salute, tutti i nodi del Recovery, etc. etc..
Terrorizzato dall’incombere di una imminente dilagante illegalità, mi alzo dal letto e decido di distrarmi con nove buche di golf. Per i curiosi: la parola golf – inteso come sport – pare derivi da una parola scozzese goulf che significa schiaffeggiare, colpire (s’intende: la pallina!), o da una parola olandese Kolf che vuol dire mazza; ma c’è anche chi, poco politically correct e ancor meno inclusivo, sostiene che golf sia l’acronimo di Gentlemen Only, Ladies Forbidden (solo signori, signore escluse); come che sia, si tratta di uno sport forestiero, nel quale l’abuso di parole – appunto – forestiere è da mettere in preventivo. Ciononostante, provo a correggermi, sempre nello spirito legalistico che forse potrebbe a breve imporsi: così, presa la sacca, mi avvio sulla prima piazzola di battuta (tee), tiro fuori un guidatore (driver, la mazza per le lunghe distanze), piazzo il “pimpirillo” (il bastoncino di legno, noto anch’esso come tee, che sorregge la pallina per il tiro di partenza, il tee-shot, appunto) e sparo il primo colpo: molto efficace! Volo su tutto il percorso corretto (il fairway) e arrivo diretto sulla buca di sabbia nota come bunker (che però non saprei rendere in italiano); impugno il sabbia (inteso per tale il ferro corto noto come sandwedge, cuneo da sabbia, o più brevemente sand, cioè, appunto, sabbia) e riesco ad arrivare sul verde (il green); poi munito del tiratore specifico (il putter), realizzo il mio uccellino (cioè un birdie, inteso per tale un colpo sotto il pari, noto ai golfisti come il par)! Risultato ancora ottimo, turbato però da un subitaneo, invincibile, affaticamento lessicale e dallo sguardo perplesso dei miei compagni di gioco. Decido di tornare subito nella casa-circolo (la clubhouse), riconsegno la sacca e il carrello porta sacca (il trolley, per i golfisti) al portabastoni (sarebbe il caddie, anche addetto alla custodia delle sacche) e me ne torno verso casa.
Prendo la macchina (di marca forestiera!) e subito mi si accende una spia rossa: fuel! Cavolo, devo fare rifornimento! Ma non ho contanti a sufficienza. Nessun problema: sul mio telefono-bravo (lo smartphone) c’è un’apposita applicazione (application) per pagare con una speciale, apposita carta-brava (smartcard) che ti accredita anche, in automatico (cioè on line), i punti-fedeltà (rewards) sull’apposito sito della società petrolifera prescelta.
Arrivo a casa spossato dalle manie puriste e trovo mia moglie tutta contenta di avermi per tempo preparato un piatto a me graditissimo (purtroppo forestiero!): un guacamole, salsa messicana a base di Persea Americana, una pianta della famiglia delle lauracee, nota, anche da noi, col nome, forestiero, di avocado; che si abbinerebbe benissimo con un bicchiere del cabernet-sauvignon, il vino francese avanzato da una cena di qualche giorno fa, quando ancora non praticavamo l’antiforestierismo lessicale, che ben si accompagna con un giusto nazionalismo culinario e viti-vinicolo.
Per rilassarmi mi immergo nella lettura dei giornali, però stranieri perché quelli nazionali mi sono diventati linguisticamente pericolosi, come sperimentato ascoltando la rassegna stampa. Devo dire, però, che anche qui serpeggiano, ahinoi!, diversi forestierismi, ovviamente generati dal pericoloso circolare degli uomini e delle culture: e così, con riferimento alle sole parole di origine italiana, trovo, oltre agli ovvii pizza e spaghetti, anche espresso, pe(p)peroni, cappuccino, al fresco (anche nel senso corrente italiano, ma soprattutto per dire all’aperto), confetti, panino, adagio, bravo, mozzarella, fiasco (anche nel senso di insuccesso), mafia, e ora anche tangentopoli e imbroglio (quest’ultima presente da tempo anche nell’Oxford Dictionary); tutte parole a riprova della nostra capacità di esportare il meglio del made in Italy, del resto ora tutelato da un omonimo e nostrano ministero.
Il mio quotidiano esercizio termina qui; speriamo però che non ci tocchi praticare sul serio quanto, solo per oggi, sperimentato con enorme ed insulsa fatica.
Roma 3 aprile 2023 (torniamo seri: è la settimana santa!)
Mi domandavo se, tra i forestierismi, si debba considerare anche i latinismi e i grecismi... in tal caso penso che la nostra capacità comunicativa ne risentirebbe ancora di più...
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