venerdì 24 luglio 2020

La banalità è il male

Proposta per un test di laboratorio

(di Felice Celato)

Altre volte, su queste pagine, mi è capitato di citare La banalità del male, di Hannah Arendt, uno dei più “intelligenti” libri del ‘900 (a mio giudizio, ovviamente; basato sul significato etimologico di “intelligente”, in latino intellegens, che capisce, participio presente del verbo latino intellego, capisco). Anzi, oltre 4 anni fa, avevo intitolato un post col gioco di parole Il male della banalità.

Mi tornavano in mente, queste riflessioni, mentre scorrevo annoiato i commenti coi quali questo sciagurato paese ha accolto l’approvazione del famoso Recovery Fund (o Next generation EU); con le debite ed onorevoli eccezioni (da Monti a Cottarelli, per esempio), i commenti sono per lo più improntati al canto di peana (inni alla vittoria, in questo caso assolutamente incongrui), agli slogan più …banali e grossolani (fregatura grossa come una casa, rischi di commissariamento, etc) o alle “pagelle” dei negoziatori in analogia con quelli dei calciatori che circolano dopo la partita sui quotidiani sportivi (8 a Ibra, 5 al Papu Gomez, etc).

Bene: credo di aver trovato, dopo sofferte ricerche che mi hanno… lacerato per mesi, un’ espressione omnicomprensiva dei nostri mali: la banalità è il nostro male! Senza esserne coscienti (forse!), magari solo per un’incongrua adorazione della cosiddetta semplicità divenuta semplicismo, in spregio della crescente complessità del reale, siamo diventati un paese dove la banalità (dei discorsi, delle opinioni e delle contro-opinioni, dei metri di giudizio, degli intendimenti e persino dei sentimenti) ha preso un campo di cui non si spiega la vastità col solo pessimo influsso di alcuni social media

Credo di aver già citato qui una fulminante “sentenza” di Karl Kraus: “Il pensiero è ciò che manca ad una banalità per essere un pensiero”. E dunque se abbonda la banalità è perché manca il pensiero (cioè, dice il Dizionario Treccani, la facoltà del pensare, cioè l'attività psichica mediante la quale l’uomo acquista coscienza di sé e della realtà che considera come esterna a sé stesso; proprio dell'uomo, lo differenzia dagli altri esseri viventi permettendogli di cogliere valori universali, di costruire nuovi modelli che trascendono i limiti spazio-temporali della percezione sensibile, di formarsi una coscienza di quello che sperimenta nella sua interiorità e nella realtà esterna).

Del resto, se proviamo (sempre col prezioso aiuto del Dizionario Treccani, che spesso ci fa compagnia nelle nostre peregrinazioni fra le parole) ad esplorare il significato dell’aggettivo banale che sta alla base del concetto di banalità, non faremo fatica a riconoscere quei caratteri che ne fanno, in qualche modo, l’antitesi del pensiero: Banale: aggettivo… - 1. privo di originalità o di particolare interesse, quindi comune, ovvio, scontato, e simili: discorso, frase, complimento banale; giudizi banali; un romanzo, una commedia, un film banali; con un banale pretesto; fare, condurre una vita banale, un’ esistenza banale, piatta, uniforme (o, nell’ esistenzialismo, inautentica). Si usa anche con significato oggettivo e non spregiativo riferito a modi, espressioni tecniche, ecc., privi di originalità o di eccezionalità in quanto ormai noti ed estesi all’uso comune: parole, locuzioni banali, un banale procedimento; o a fatti di scarso conto, di scarso rilievo, insignificanti per sé stessi.

Ora, supponendo – per gentile concessione dei miei ventiquattro lettori – che questa “diagnosi” sia provvisoriamente convincente, facciamo – per scrupolo diagnostico – un test di laboratorio per valutarne l’occorrenza nel nostro paziente; facciamo cioè l'esercizio di ri-leggere, in questa chiave e con faticosa attenzione, il dibattito politico (e, devo supporre, il corrispondente opinionare diffuso) su quanto dicevo all'inizio (l'approvazione del Recovery Fund), sulle “illuminate” intenzioni dei nostri eletti e sulle “illuminanti” aspettative dei loro elettori: se ne usciremo confortati, la “diagnosi” è infondata e, per dirla con Kraus, c’è in giro sostanza di pensiero; possiamo stare tranquilli. Se ne usciremo sconfortati, ahinoi!, è la banalità il nostro male; in questo caso la prognosi sarà doverosamente riservata.

Roma 24 luglio 2020 (vigilia di una storica ricorrenza)

 

 

 

 

 

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