Il mito delle origini
(di Felice Celato)
Mentre aspettiamo che si consumi fino alla feccia il noioso profluvio di parole, previsioni e sondaggi (siamo o no una sondocrazia?) sui risultati delle attesissime (e, pare, decisive per le sorti del mondo) elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria, mi sono terapeuticamente immerso nella lettura di un breve saggio di Massimo Montanari (Il mito delle origini, Laterza, 2019), che segnalo all’attenzione di tutti i buongustai (materiali ed intellettuali).
Confesso che avevo sottovalutato questo libretto, regalatomi da un raffinato amico; e ciò a motivo del sottotitolo (Breve storia degli spaghetti al pomodoro) che mi aveva fatto pensare ad un piccolo trattato di storia della cucina. Invece – e l’ho scoperto, naturalmente, leggendolo – il delizioso libretto nasconde in sé, in realtà, un piccolo contributo di filosofia della storia costruito attraverso una dotta dissertazione sulla storia di questo cibo nazionale (che, manco a dirlo, “tutto il mondo ci invidia”).
Mi spiego meglio: la storia degli spaghetti al pomodoro (in sé interessantissima e di piacevole lettura) è solo la dimostrazione di un principio che faremmo bene – di questi tempi – ad avere tutti presente. Il principio è ben spiegato da una metafora (citata all'inizio del testo) di Marc Bloch, il grande storico francese di origine alsaziana, ebreo e resistente francese, fucilato dai tedeschi nel 1944: la quercia nasce dalla ghianda. Ma diventa quercia e tale rimane, solo se incontra condizioni d’ambiente favorevoli, che non dipendono più dall’embriologia. Fuor di metafora (qui cito direttamente Montanari): la parola chiave è: incontrare. Più numerosi e interessanti saranno stati gli incontri, più ricchi saranno i risultati, più forte e robusta la pianta. In questo modo essa avrà costruito la propria identità, che, come ogni prodotto della storia, è viva e mutevole….Radici e identità sono parole pericolose, da maneggiare con molta cura. Frequentemente le si vedono fraintese e confuse, mentre è importante distinguerle. Le radici abitano il passato: sulla linea del tempo…. stanno all’inizio, e nello spazio si allargano per trarre alimento da ogni fonte raggiungibile… All’altro capo della linea del tempo stanno le identità, che invece abitano il presente – un presente mobile, sempre teso a proiettarsi nel futuro diventando esso stesso passato [come non ricordare, qui, il sant’Agostino citato qualche giorno fa?] ….le identità sono un punto di arrivo: spazi mentali e materiali ben delimitati le caratterizzano, ma sempre instabili e mutevoli, come è proprio di tutto ciò che vive.
Bene. La piccola storia degli spaghetti al pomodoro (che si svolge fra molteplici territori, innovazioni dislocate in epoche e luoghi diversi, non certo tutti italiani, ovviamente, prodotti antichi e medievali rivisitati dall’uso moderno e prodotti moderni conformati ad usi antichi), la piccola storia degli spaghetti al pomodoro, dicevo, dimostra chiaramente che l’identità non corrisponde alle radici. L’identità è ciò che siamo. Le radici non sono “ciò che eravamo” bensì gli incontri, gli scambi, gli incroci che hanno trasformato ciò che eravamo in ciò che siamo. E più andiamo a fondo nella ricerca delle origini, più le radici si allargano e si allontanano da noi – proprio come accade sotto le piante. Usando la metafora fino in fondo, scopriremo che le radici, spesso, sono gli altri. Cercare le origini di ciò che siamo sarà dunque un modo per incontrare gli altri. Gli altri che vivono in noi.
Ce n’è abbastanza, credo, per considerare questa piacevole lettura anche un percorso educativo – starei per dire, guardandomi attorno: rieducativo – di cui mi pare il main stream contemporaneo ha urgente bisogno.
Ad ogni buon conto, posso assicurare, per esperienza diretta, che la decostruzione storica del piatto nazionale – anche se utilizzata per argomentare una riflessione sul senso delle radici, delle identità e delle origini – non turberà il piacere di concedersi, alla fine della lettura e rimosso ogni dietetico rimorso, un bel piatto di spaghetti al pomodoro (magari con peperoncino e basilico).
Roma 25 gennaio 2020
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