Parole storiche
(di Felice Celato)
Come tutti i lettori di questo blog hanno avuto modo di constatare, l’onomaturgia (cioè la “coniazione” di nuove parole, secondo una definizione per l’appunto “coniata” del grande linguista Bruno Migliorini) è una piccola manìa che mi diverte praticare non appena ne intravveda la possibilità (starei per dire: la necessità), sia sforzandomi di coniare nuove parole (di solito tratte da reminiscenze greche da vecchio liceale), sia impadronendomi di altre prelevate di peso da qualche lettura che mi ha appassionato. E così, su queste pagine, i miei venticinque lettori si saranno imbattuti nella statolatria, nell’oicofobia di Scrutoniana memoria, nella demolatria, nella demopatia, e persino nell’ aritsmofagia, etc; e magari ne avranno tratto motivo di sorriso, come, in fondo, è preciso intendimento del vostro onomaturgo dilettantesi.
A questa collezione di parole nuove (magari antiche per etimo) era sfuggito un termine “inventato” nientemeno che da Benedetto Croce, il grande filosofo abruzzese, padre nobile del liberalismo italiano (e, non solo per ciò, a me molto caro), per definire i gerarchi del partito fascista Italiano nel primo dopoguerra appena arrivati a conseguire “i pieni poteri”. L’ha riesumato l’altro giorno, questo efficacissimo termine Crociano, un colto corrispondente de Il Foglio (Michele Magno), applicandolo a certi sfascia-passato privi di ogni plausibile idea del futuro liberamente aleggianti in quel sottomondo che ci sforziamo di chiamare la politica Italiana. Il termine è onagrocrazia, cioè il potere degli asini, dal greco ònagros che vuol dire asino selvatico e crazìa che vuol dire, come ognun sa, potere. Diceva Croce (nel 1925): […] il pericolo, quello degli ignoranti che teorizzano, giudicano, sentenziano, che fanno scorrere fiumi di spropositi, che mettono in giro formule senza senso, che credono di possedere nella loro ignoranza stessa una miracolosa sapienza, lo conosciamo perché lo abbiamo sperimentato bene. Si è chiamato, nella sua forma più recente, “fascismo”. Io ho preferito denominarlo “onagrocrazia”.
Bene. Per nostra fortuna, i tempi sono diversi e di gerarchi alla caccia di pieni poteri – se non sbaglio – non ne abbiamo più, forse; però una qualche inquietudine, la definizione di onagrocrazia prodotta da Croce, me la suscita, non foss’altro per la descrizione che fa di coloro che gli suggerivano questa graffiante onomaturgia; una descrizione che ben si attaglia a certe “manifestazioni” della “politica” di cui quotidianamente ci “godiamo” i frutti succosi.
Ma mi conforta una constatazione: se nel 1925 gli onagrocrati ebbero modo di imporsi a forza di violenze ed intimidazioni, come potrebbero mai – ove ce ne fossero, ai nostri tempi, di aspiranti onagrocrati – imporsi, oggi, in un regime saldamente democratico, dove la sovranità appartiene al popolo (art 1 della Costituzione)?
Roma 21 gennaio 2020
P.S. Colgo (ingenuamente?) l’occasione per segnalare il libro di Michele Ainis (una raccolta di suoi articoli) edito da La nave di Teseo (2019) sotto il titolo, anch'esso onomaturgico, Demofollia
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