Il soccorso di Murakami
(di Felice Celato)
Ho già scritto di questo autore Giapponese, a me graditissimo, assunto come “terapia dal presente” (cfr. Letture eventuali, post del 21 febbraio del 2019). Credo di aver ormai letto una larga parte di quanto, di Haruki Murakami, è stato tradotto e pubblicato in Italia (Einaudi); e credo che leggerò, col tempo, tutta la restante parte. Ci torno sopra mentre sto finendo il primo e il secondo libro (riuniti in un unico volume) del corposo romanzo in tre libri intitolato 1Q84 (Einaudi 2015); ma il fatto è che – come appunto accennavo nel post appena citato – Murakami mi si conferma come uno straordinario supporto per chi vuole mentalmente evadere, in maniera non banale, dalla sequela di ciò che ci accade dintorno.
Insomma, tanto per aggiornare le condizioni che ne suggeriscono la lettura: se non ve ne frega niente dell’adorazione di un devoto ex Ministro degli Interni per i salumi e per il parmigiano; se non vi aspettate strategiche linee di politica estera dal nostro Ministro degli Esteri; se non vi curate dei tweets a getto continuo di politici, ex-politici e aspiranti nuovi politici; se dei transitori amori per il lavoro degli eredi della Regina Elisabetta ve ne cale ancor meno; se al Nuovo Umanesimo, debolmente ma dannosamente aleggiante su questa povera Italia, continuate a non attribuire alcun peso; se le presenze al prossimo Festival di Sanremo non suscitano la vostra attenzione; se delle ipotesi di revoca delle concessioni autostradali non vi interessa conoscere le quotidiane oscillazioni probabilistiche; se guardate alla rifondazione di qualche partito come l’eterna svolta verso la dissoluzione per carenza di vere idee (anzi, se vi augurate che sia “la svolta buona”); se le eterne diatribe fra leaders e anti-leaders continuano a non catturare la vostra attenzione; se delle interessate autocelebrazioni di modelli regionali pensate di poter fare a meno; se, anzi, da qualcuno o da tutti questi temi da noi “dominanti” intendete saldamente restar fuori, beh! allora – ve lo confermo – Murakami è la lettura che fa per voi. In alternativa, in altri tempi, avrei suggerito di ancorarvi – magari leggendo solo la stampa estera – alla cronaca di come va il mondo al di fuori delle nostre valli, perché, tanto, solo da come va il mondo dipenderà il nostro domani, ché noi non sappiamo, non dico maneggiarlo, ma nemmeno immaginarlo. Ma anche da qui, in questi tempi, non viene molto conforto, sia perché gli scenari (almeno quelli del mondo occidentale) sono tanto confusi da consigliare di non fare previsioni; sia perché, in fondo, a poco serve immaginarsi scenari, che sanno benissimo materializzarsi anche senza la nostra futile previsione.
Quindi torniamo a Murakami: per coloro che non si sono mai tuffati nella sua bulimica narrativa e prima che vi si avventurino, mi limito ad elencare quelle che mi paiono essere le sue caratteristiche fondamentali, per modo che i venticinque lettori di questo blog possano valutarne ex ante l’efficacia…terapeutica rapportata alla intensità della noia di ciascuno: Murakami scrive moltissimo, i suoi romanzi sono molto lunghi (questo che sto ultimando copre oltre 700 fittissime pagine e non so ancora quante ne coprirà il terzo libro) e richiedono, quindi, molte ore di lettura. Ma in nessuna delle sue tante pagine cade quella tensione che fa del romanziere un grande narratore; si legge a sazietà ma con grande piacere (anche quando elucubra su fantasiose metafisiche o su misteriosi intrecci di ricorrenze) e sempre col desiderio di capire come può andare a finire la vicenda narrata, sempreché ad una vera fine si arrivi. Le sue narrazioni sono costantemente sospese fra il surrealismo (il pensiero in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, diceva, mi pare, Breton) o quanto meno il paradosso estremo di personaggi e di situazioni, e l’iperrealismo di certe minuziose narrazioni di ordinari particolari della vita d’ogni giorno (e anche, spesso, della sessualità) dei suoi personaggi, quasi sempre caratterizzati da personalità (e da storie personali) complesse e solitarie. Ma più che le mie parole, secondo me, spiega un parallelo artistico: mettetevi davanti ad un quadro di Magritte, o se preferite di De Chirico o di Dalì: scenari distopici (o utopici) per una realtà nitidamente disegnata eppure avvolta di mistero, fatto di incongruità o di bizzarre sovrapposizioni fra il reale e l’immaginario. Ecco, questa, secondo me è la narrativa di Murakami; per questo mi pare il comodo uscio che porta via dal reale, di cui si può avere bisogno in tempi di grave scontento. Del resto, basta chiudere il libro, e, se proprio ne avete nostalgia, il reale, col suo carico di nostrane banalità, torna subito… purtroppo.
Roma, 12 gennaio 2020
Nessun commento:
Posta un commento