martedì 7 gennaio 2020

Le auscultazioni del C.U.R.

Macedonia scomposta
(di Felice Celato)
Quando il Camminatore Urbano non è Rimuginante (cosa che accade raramente, purtroppo), gli è inevitabile porre lo sguardo distratto sull’umanità urbana che lo circonda lungo le strade romane. Stimando grossolanamente, si potrebbe dire che poco meno della metà degli ignoti con-Camminatori (soprattutto i più giovani) tiene lo sguardo fisso sullo smartphone (a rischio di ignorare semafori ed ostacoli), digitando messaggi che atteggiano inevitabilmente il volto dei digitanti a seconda dell’umore che viene trasmesso (devo dire: fortunatamente gli atteggiamenti più diffusi appaiono tendenti al divertito); oppure (soprattutto i turisti) vivendo la città sulle mappe on-line
Più intrigante invece è la situazione dell’altra quasi metà dei con-Camminatori, quelli che, invece, usano la camminata per conversare, sempre al cellulare, con la stessa franchezza o confidenza con cui converserebbero a casa loro, come se la privacy dei loro discorsi - da casa-  costituisse una sgradita limitazione per le loro esibizioni vocali. Questi, inevitabilmente, lasciano al C.U.R. ognuno un frammento di comunicazione vocale (rivolta ad altri ignoti, ovviamente) del quale è più facile distillare l’umore, essendo di solito emesso con voci e toni non esitanti. Così, talora (ripeto: quando non penso ai fatti miei), mi viene istintivo tentare di comporli fra loro, questi frammenti di umanità vocale, per ricavarne una specie di tavolozza degli umori; ed è curioso osservare come, qualche volta, i frammenti sembrino volersi incastrare, l’uno con l’altro, come se si trattasse di un unico puzzle verbale.
Ecco un breve campione, tratto dai 10.000 passi odierni in città (il martedì non si gioca a golf, nemmeno se c’è bel tempo, perché il campo è chiuso).
La prima voce è quella di una donna di mezza età, dall’aria franca e vissuta, che, sul ponte Garibaldi (lato Trastevere), pone alla sua ignota interlocutrice questa inquietante domanda: “Ma tu lo ami così tanto da….” (e qui la voce si perde nel traffico, lasciando intendere un cinico dubbio sul senso profondo dell’amore); subentra però una voce maschile più robusta, dal marcato accento romano, che sembra voler paradossalmente completare il discorso: “vabbè, ma si è così, lo devi mannà…” (e qui, prima di perdersi anch’essa nel traffico, la voce erompe in un indirizzo tipicamente grillino).
Giunto sull’altro lato del ponte, un’anziana signora sembra quasi voler saggiamente placare la complessa diatriba scomposta (rubo il termine dalla moderna arte culinaria, che spesso scompone le ricette giustapponendone semplicemente gli ingredienti), elargendo una pillola di saggezza che – in ragione del semaforo – riesco a godermi cogliendone il senso quasi per intero: “ma, figlia mia, si sa, nella vita di coppia ci vuole capacità di sopportazione; sapessi tu, quante ne ho dovute ingoiare…” (scatta il semaforo verde per i pedoni e l’attraversamento del lungotevere allontana la saggia operatrice di pace).
Sulla via Arenula, le conversazioni si fanno più…business oriented: ”ma te l’ha messo per iscritto?” domanda un distinto signore uscito dal Ministero; quasi come un contrappunto, un anziano passante dall’aria paciosa lascia al suo interlocutore questo (ingenuo?) messaggio: “A Mario, qui tocca fa’ a fidasse…”. Passa un ragazzone nero che parla al telefono con voce alta e concitata, in una lingua non identificabile, apparentemente drammatica e a velocità pazzesca; però il supposto dramma si scioglie in una rumorosissima risata che disturba una signora, anch’essa fitta conversatrice; si arresta un po' irritata, guarda con commiserazione il ragazzone e commenta con il lontano interlocutore (evidentemente raggiunto anche lui dalla risata): “ma che ciavranno da ride, io noo so; sarà che io non ciò nessuna voja de ride”. Passa una ragazzetta che parla al telefono, evidentemente col padre: “papà, io a mamma non la sopporto più; lo so, nun lo devo dì a te ma….oddio! sta a arrivà l’8, te richiamo.”
E così via; così, per spezzoni, scorre la vita del popolo conversatore ambulante, sempre sommario, spesso perentorio, più raramente conciliante, talora autocompiaciuto. Mi viene un dubbio della memoria: ma com’erano noiosi i percorsi dei camminatori di vent’anni fa! Non avevamo nulla da dirci?
Roma 7 gennaio 2020


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