Soluzioni ioniche
(di
Felice Celato)
Durante
il mese di agosto, nell’illusoria speranza di ristorare l’intelletto con una
salutare presa di distanza dai problemi che affliggono il nostro Paese, ho
dedicato le mie attenzioni a quella che chiamo la nostra società ecclesiale,
cioè alle “riflessioni” dei pastori del gregge dei fedeli Italiani: la scelta
non si è rivelata felice, per la verità, perché mi è sembrato di constatare
anche qui una angosciosa involuzione, se non della riflessione almeno della
comunicazione episcopale, che non ha mancato di deprimermi.
Colle
prime ventate pre-settembrine, ho ripreso oggi a seguire le cose Italiane,
dalle quali, anche volendo, non possiamo prescindere nell’immaginare il futuro
nostro e dei nostri figli.
Bene:
sul Corriere della sera di oggi non
ho quindi mancato di leggere l’ampia intervista rilasciata ad una brillante
giornalista da Susanna Camusso, leader della CGIL, e quindi esponente di punta
della nostra società civile, come si usa dire oggi; ed ho trovato subito di che
preoccuparmi. La brillante proposta della
nostra è, se non ho capito male (cosa sempre possibile), sostanzialmente
questa: mandare prima in pensione i lavoratori anziani – beninteso senza
falcidie della loro pensione – per far posto a giovani disoccupati.
In
altri termini lo sviluppo dell’occupazione, di cui tutti sentiamo angoscioso
bisogno, è immaginato dalla Camusso non come espansione delle attività
economiche (e quindi come creazione di nuovi posti di lavoro) ma come
sostituzione di lavoratori nei posti di lavoro e per di più a spese
delle già dissestate finanze del nostro sistema pensionistico! Una
soluzione…alla greca, direi cedendo al vezzo di trovare altrove i nostri
modelli!
Anche
di questa idea agostana forse fra qualche giorno non si parlerà più; e quindi
non mi preoccupa la strana idea in sé – sempre se l’ho capita bene – ma il
retroterra culturale che la supporta. In Italia sembra non volersi capire che,
allo stato attuale delle nostre conoscenze, l’occupazione (vera) la genera
l’impresa e non il debito corrente dello Stato; e che senza profitto non c’è
impresa e senza impresa non c’è occupazione sostenibile; dunque occorre
ripristinare le condizioni economiche, fiscali e culturali che consentano, all’
interno di regole chiare, efficaci e stabili, il perseguimento di un profitto
(e il gusto dell’intrapresa). Questa è la vera riforma di cui abbiamo bisogno!
Potrà
non piacere, questa verità, agli epigoni del social-comunismo che tanto bene ha
già fatto al mondo; ma, fino ad oggi, non sono state trovate altre formule per
attivare l’impresa. Se qualcuno ne ha trovata una, si affretti ad enunciarla,
chiaramente e dettagliatamente. E tutti, anche quelli che, come me, sono consci
dei tanti problemi che genera l’attività economica in ambiente competitivo per
di più globalizzato, gliene saranno grati.
Un’altra
perla dell’intervista sta nella ritrosa incursione nel politico (che, come
ognuno sa, è sempre stato estraneo all’orizzonte proprio dei sindacati Italiani
e in particolare della CGIL) che la Camusso si concede sul finire
dell’intervista a proposito dell’ipotesi di voto anticipato: “E’ prerogativa del Parlamento deciderlo. Io
faccio altro. Ciò che mi preoccupa è l’alta percentuale di astensione. La
politica dovrebbe interrogarsi. O no?”
Difficile
darle torto, qui; però (defendit numerus!)
la Confsal (quindi una fonte sindacale) qualche tempo fa rese noto che dei 5,7
milioni di iscritti alla CGIL, 3 sono di pensionati e che il tasso di
sindacalizzazione complessivo in Italia è stimato fra il 35 e il 45%,
largamente inferiore quindi al tasso di votanti sugli aventi diritto. I sindacati dovrebbero interrogarsi. O no?
Roma
24 agosto 2015
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