giovedì 20 agosto 2015

Interviste col caldo

Poveri noi!
(di Felice Celato)
Dunque monsignor Gianfranco Todisco, Vescovo di Melfi, Rapolla e Venosa, con una vigoroso intervista rilasciata al Fatto Quotidiano ha detto la sua: “Bergoglio (i.e. il Papa Francesco, NdR) ci ha invitato a ‘non essere timidi nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata’ che può danneggiare ‘gli onesti lavoratori’”.  E su questo assunto programmatico, ha illustrato la sua lettera a Marchionne sul lavoro domenicale in uno stabilimento della Fiat.
Ora, si sa, i Vescovi non sono sempre accorti nei rapporti coi media; è capitato – pare – anche a Galantino con Famiglia Cristiana, figuriamoci se non poteva accadere anche allo sventurato Vescovo meridionale con un giornale certamente non di ispirazione cattolica. Ma, di sicuro – beninteso, semplicemente lo spero da fedele affezionato anche alla dignità intellettuale della sua Chiesa – qualcosa non deve avere funzionato nella comunicazione fra Todisco ed il suo intervistatore. E perché presumi ciò? direte voi, miei poveri lettori.
Perché, appunto da fedele che non ha rinunciato all’uso della testa, mi rifiuto di pensare che un Vescovo possa avere detto queste cose, e anche in maniera così fatua. Esemplifico:
A Melfi il riavvio dell’attività è avvenuto dopo due anni di cassa integrazione. E’ stata una boccata d’ossigeno per ottomila famiglie….mi ero già augurato che il lavoro domenicale non continuasse a lungo. Sono al corrente della necessità del lavoro (sic!), la cui mancanza mortifica le persone, ma finito (sic!) questo tempo di grazia (sic!) permettiamo ai dipendenti di passare il tempo (sic!) con la famiglia…..perché quando il profitto viene messo al primo posto la famiglia diventa un albergo a cinque stelle (sic!) in cui c’è tutto quello che serve, ma dove non si sta più insieme….Un devoto mi ha scritto su WhatsApp  (sic!): ‘complimenti per la lettera’…il turno domenicale è un sacrificio per i lavoratori, non deve essere la norma…ora è il tempo di vacche grasse (sic!) e ci sta, ma mi auguro che poi ripensino i modelli di produzione…la domenica deve essere per tutti, anche per quelli che vogliono lavorare (sic!). Consideriamo anche che molti lavoratori vengono sfruttati, prendono 50 anziché 100 (sic!).”
Ora, una simile congerie di sciatterie non può, lo dico da fedele, guelfo e papista, costituire l’oggetto di una comunicazione di un Vescovo! A meno che, nell’ansia di acquisire l’odore delle pecore, il pastore non abbia perso la testa, infilando una serie di infortuni che francamente non sarebbero capitati nemmeno al più populista dei laici! Credo che bastino i “sic!” a commentare la sciatteria degli enunciati attribuiti (sperabilmente “per colpa del solito giornalista”) al Vescovo di Melfi; mi limiterò ad una osservazione di fondo che, certamente al Vescovo di Melfi (dichiarato conoscitore della Caritas in Veritate) non può essere sfuggita. Dunque, la domenica lavorano almeno: forze dell’ordine (carabinieri, finanza, polizia, vigili etc.), addetti alla sicurezza (vigili del fuoco e guardie forestali), addetti alla sanità (medici, infermieri, portantini, etc.), addetti al funzionamento di aeroporti, trasporti pubblici e privati, etc. etc.. E anche le Guardie Svizzere! Si dirà: ma quelli lavorano a tutela di ordine, sicurezza, sanità, mobilità, etc.; mentre quelli di Melfi lo fanno per far conseguire alla loro impresa l’orrido profitto!
Vero; ma si dà il caso che dalla possibilità di quel profitto dipendano, almeno: (1) l’occupazione e quindi la retribuzione dei lavoratori; (2) il pagamento dei contributi agli enti previdenziali per pagare le pensioni; (3) il pagamento dei fornitori di impianti e di materie prime; (4) il pagamento delle imposte dirette ed indirette (che a loro volta rendono possibile l’erogazione dei servizi dello stato e quindi, fra l’altro, le retribuzioni di quegli addetti ai servizi essenziali che lavorano anche di domenica, invece di passarla “nell’albergo a 5 stelle” dove sicuramente abitano le loro famiglie); e (5) gli interessi passivi alle banche che hanno prestato soldi attingendoli ai risparmi dei lavoratori depositati presso di loro; e se ce ne avanza – il che non a sempre è accaduto  per esempio alla Fiat in Italia – anche il dividendo agli azionisti.
Sono certo che domani leggeremo la chiara smentita di Mons.  Todisco che il giornale non mancherà di pubblicare. Beh! Almeno io lo spero (per prudenza comunque domani non compro il Fatto Quotidiano: non reggerei alla mancanza di smentita!).

Roma, 20 agosto 2015

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