Pensieri astratti su problemi concreti
(di
Felice Celato)
Per
chi, come me, si considera un cattolico convinto e, ad un tempo, un liberale
convinto, risulta faticoso orientarsi nel grumo di polemiche, più o meno
intelligenti, che si agitano sui giornali a proposto del problema rifugiati;
problema che mi vede (istintivamente) appassionato simpatizzante dei profughi
(dei loro drammi e delle loro speranze) quanto, per la verità, povero di
competenze utili ad articolare proposte serie (per quelle non serie ci sono già
i politici italiani) per la gestione di questa epocale provocazione rivolta
dalla storia al nostro mondo. Non ho dubbi, peraltro, che se si sottoponesse ad un rozzo referendum l’atteggiamento degli Italiani verso il problema dei
rifugiati, i voti degli anti-patizzanti
supererebbero largamente quello dei sim-patizzanti: ci siamo biecamente abituati
a considerare i rifugiati come una minaccia per l’ordine pubblico e la
sicurezza, come una fastidiosa emergenza che moltiplica i problemi di
occupazione che caratterizzano la nostra società o come una minaccia per
il futuro del nostro Paese, che già di problemi ne ha tanti, sicuramente in
eccesso rispetto alla sua capacità di risolverli. E tuttavia negare che un
caotico afflusso di rifugiati costituisca un problema, e anche serio, non aiuta
certo ad affrontarlo secondo ragione.
In
questo quadro estremamente confuso e problematico ma non privo, come abbiamo
appena detto, di fondamenti ragionevoli, si è inserita una polemica Chiesa/politica
che mi percuote su entrambi i versanti della mia cultura, quello di cattolico e
quello di liberale (altri direbbe di laico; ma io dico di liberale).
Per
l’esperienza che ho di me stesso, so che in queste situazioni tendo – a costo
di apparire a me stesso astratto – a rifarmi ai principi sui quali si incardina
(più o meno giustamente, ma certamente in maniera convinta) il sistema dei
valori che rende (per me) compatibili, anzi…perfettamente equilibrate fra loro,
la fede di un cattolico e le preoccupazioni di un liberale.
Dunque:
il praecipuum della Chiesa sul piano
morale mi pare essere quello di parlare – nella Verità – alla coscienza
dell’uomo, additandogli il senso della sua natura creaturale, delle sue
responsabilità orizzontali prima che
verticali (se dunque tu presenti la tua
offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te,
lascia il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti col tuo
fratello e poi torna ad offrire il tuo dono, Mt. 5, 23-24), della comune
paternità divina, della dignità di ciascun fratello creato ad immagine e somiglianza
di Dio e da Questo amato. L’individuazione di soluzioni tecniche, invece, esula
dalla sua competenza, almeno finché tali soluzioni non mettano in questione
profili rilevanti per la coscienza, che la Chiesa – se del caso – non può, ma semplicemente, deve denunciare.
Il
sommo magistero del Papa Emerito, d’altro canto, con una dotta citazione nel
discorso di Regensburg (che tanto dispiacque ai lettori più scarsi), ricordava
che “non agire secondo ragione, non agire
con il logos, è contrario alla natura
di Dio”, per significarci, fra l’altro, che – come anche altre volte ebbe a
dire – la fede cattolica è dunque
ragionevole e nutre fiducia nella ragione umana.
Ora,
non vi è dubbio, secondo me, che anche un problema (l’ho già detto) epocale
come quello delle pressioni demografiche (ora, per effetto di situazioni
emergenziali, divenute umanitarie), debba essere affrontato alla luce della
ragione; e che l’esercizio di tale ragione costituisca il praecipuum della politica, magari – se non è troppo chiedere –
illuminata nei suoi valori fondamentali dalla antropologia cristiana che
costituiscono (mi dispiace per i francesi che sembrano vergognarsene!)
l’innegabile sostrato della nostra civiltà occidentale.
Bene:
se le cose, anche lontanamente, stanno come a me sembra, non c‘è dubbio che
stia alla politica (e non alla Chiesa) il compito di trovare soluzioni adeguate alla natura ed all’
intensità del problema dei rifugiati, nell’immediato, per il soccorso (come in
fondo mi pare l’Italia stia ben facendo) e, nel tempo, per il ragionato
inserimento nel nostro paese, secondo regole e limiti tutt’ora non pensati, di
questo patrimonio di umanità che rifluisce disordinatamente sulle nostre coste;
e che stia alla Chiesa il compito di richiamare alle coscienze (anche, per quel che può servire, dei Paesi dai quali i rifugiati fuggono) i valori propri del
suo magistero morale, anche con il silenzioso esercizio della sua attività caritativa,
indubbiamente esemplare ma complementare rispetto al suo praecipuum magistrale.
Che
poi la Chiesa, al netto di scialbi infortuni di linguaggio, sappia bene come
esercitare il suo magistero mentre la
politica non abbia nemmeno la più pallida idea di come mettere mano al suo
dovere di ragionate azioni, è questione diversa e purtroppo non solo Italiana.
Tutto
il resto, mi pare, francamente inutile; prima di tutto per la soluzione dei
problemi.
Orbetello,
16 agosto 2015
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