Un eccellente
inizio d’anno
(di Felice Celato)
Mentre
imperversano i commenti più o meno intelligenti sulla recente elezione del
nuovo Presidente della Repubblica Italiana (secondo me, un’abile operazione
politicamente spregiudicata che ha portato ad una scelta – mi pare – di grande
qualità), sempre per tenermi lontano dai “rumori di fondo”, vorrei segnalarvi
alcune letture con le quali il mio 2015 di lettore è iniziato, con grande
soddisfazione.
A
parte il già citato Piketty, sul versante letterario l’anno è cominciato
veramente bene; eccovi le segnalazioni:
- Ian McEvan: La ballata di Adam Henry (Einaudi, 2014): una bella storia, narrata molto bene, con un bellissimo personaggio femminile al centro di essa (tema: la questione del rifiuto delle trasfusioni da parte dei testimoni di Geova);
- Umberto Eco: Numero zero (Bompiani): una satira indiavolata (e intelligente) sulla stampa, sui media, sulla “verità” che essi gestiscono e anche, alla fine, sul nostro paese;
- Michel Houellebecq: Sottomissione (Bompiani, 2015): Il tema lo conoscete tutti (la Francia conquistata nel 2022 da un partito Islamico; ne hanno parlato abbondantemente i giornali nei giorni attorno agli attentati di Parigi). Non so se sarà il 1984 (di Orwelliana memoria) dei nostri tempi, ma, certo fa pensare;
- Lion Feuchtwanger: I fratelli Oppermann (Skira,2014): Un libro molto duro (racconta delle vicende di tre fratelli ebrei durante il periodo della salita al potere di Hitler, nel 1933), direi drammatico e aspro. Il libro è stato scritto nel 1933 quando forse molte delle cose narrate non si erano ancora pienamente verificate e per questo può essere considerato “profetico”. Impressiona la narrazione del radicarsi progressivo della follia, fra compromessi e sottovalutazioni. Da questo punto di vista è senz’altro un monito perenne.
Ma
il libro veramente straordinario che mi è capitato in mano è il V volume di
un’opera che – credo di poter dire, anche se non ho ancora comprato i quattro
volumi che lo precedono – appare monumentale su Le leggende degli ebrei, scritto da Louis Ginzberg (Adelphi,
2014): si tratta di una vasta raccolta di racconti della cultura ebraica
(forse dei veri e propri midrashim)
coi quali i narratori solevano “riempire” le vicende bibliche di racconti fra
il poetico ed il riflessivo, talora anche delicatamente ironici. Non occorre
essere credenti per gustare, per esempio, le struggenti leggende sulla morte di
Mosè; se poi si è (anche) credenti (ebrei o cristiani) si può apprezzare il
senso profondo, sospeso fra vita, promessa e morte, del dialogo immaginario fra
Dio e lo straordinario condottiero del Suo popolo.
Assai
deludente, invece, Applausi a scena vuota, di David Grossman (Mondadori, 2014),
narrativamente pasticciato e – per me – insopportabile.
Roma
2 febbraio 2015
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