Historia magistra vitae
(di Felice Celato)
Forse è segno di vecchiaia ma molte delle cose
che si seguono sui media
italiani mi interessano poco o non mi
interessano affatto, alcune anzi (forse troppe, lo ammetto) addirittura mi
infastidiscono. Però ce n'è una che forse faremmo veramente bene a seguire
attentamente tutti: la vicenda Greca, ricca, secondo me, di problemi seri che, mutatis mutandis, non ci sono estranei,
e di indicazioni utili per il nostro presente e anche, forse, per il nostro
prevedibile futuro; e per non incorrere in pericolosi equivoci.
Cominciamo coi problemi seri: la Grecia,
super-indebitata e già beneficiaria di almeno una profonda ristrutturazione del
debito, naviga da tempo in una recessione pesante, con conseguenze sociali
ormai divenute pericolose ( o almeno allarmanti). Per uscirne (non ostanti i
diversi segni positivi che cominciavano a manifestarsi) ha scelto politicamente
una strada (apparentemente) dura, “mettendo alla porta” i creditori (la famosa
Troika che, in fondo, rappresenta nient’altro che tutti i preoccupati creditori
della Grecia) e arrivando a minacciare il disconoscimento del proprio debito;
già a pochi giorni dalle elezioni ( vinte dalla sinistra poi però alleatasi con
una destra non del tutto rassicurante) la minaccia, per la verità, è evoluta
verso una più realistica richiesta di ulteriore pesante rinegoziazione del
debito (questo è, a parte le fumisterie tecniche, lo swap di cui si parla in questi giorni. NB: notare che quando studia
all’estero anche la sinistra si innamora delle alchimie capitaliste, di solito
considerate diaboliche!).
Nessun dubbio, dunque, che si tratti di
problemi seri, per i Greci, per l'Europa in generale e per noi in particolare,
date alcune evidenti analogie e anche data la nostra posizione di creditori
diretti della Grecia per qualcosa come 40 mildi di € (spesso dimenticati).
Bene; veniamo agli insegnamenti intanto
acquisiti (altri ne verranno, per questo la vicenda è da seguire). Primo,
generale e perenne: non esistono soluzioni semplici per problemi complessi,
checché se ne dica nelle campagne elettorali; secondo, idem: i popoli
pagano sempre, prima o poi, le colpe dei loro cattivi governanti (mi riferisco,
qui, a quelli che hanno ridotto la Grecia in queste condizioni); ci pensino
bene quando li scelgono, anche se promettono mari calmi e monti fioriti; terzo:
i debiti hanno un grave difetto, devono essere rimborsati, checché se ne pensi
quando cominciano a pesare; quarto: il default di un Paese è per il
Paese stesso – prima ancora che per i suoi creditori – un tale abisso che è
bene tenersene accuratamente lontani, per quanti sacrifici possa costare. Se ne
sta rendendo conto anche chi – fino a poco tempo fa – ne faceva una bandiera
elettorale; quinto: il problema di un membro è il problema di tutto il
corpo. Senza voler scomodare San Paolo o anche Menenio Agrippa, occorre che ce
se ne renda realisticamente conto: a Bruxelles, come a Francoforte, come a
Berlino, come a Parigi e come a Roma. Se l’Europa continua a sentirsi, invece
che come un unico corpo, come una somma di membra, i problemi saranno sempre
più seri. D’altro canto, in ciascuna di quelle città (e anche in altre che non
ho menzionato) occorre finirla (e subito!) con le stucchevoli e stupide
retoriche che identificano nella Germania l’origine di ogni male (inteso come
tale: di ogni sano rigore finanziario e di ogni adempimento di impegni
solennemente presi); sesto (e
spero, su questo, di sbagliarmi): dietro l’angolo della Grecia, c’è la Russia
che sbircia ciò che avviene in Europa.
Come vedete, se non sbaglio, ce n’è abbastanza
per seguire con attenzione e con passione quel che accade in Grecia, sperando
che la sua storia sia arrivata a quel momento in cui, come diceva Abba Eban,
esplorate senza successo tutte le altre strade, si sceglie quella della
saggezza.
Roma, 5 febbraio 2015
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