L’Aquila
(di
Felice Celato)
Non
amo parlare della giustizia, in Italia: ne parlano già tanto i solleticatori
(politici e giornalisti di basso livello) di pulsioni emotive e di “vergogna!”
a buon mercato; ma penso che la sentenza di ieri a L’Aquila sia un esempio di
quel paese normale del quale sentiamo tanta nostalgia, un paese in grado, alla
fine di tortuose vicende giudiziarie, di recuperare comunque una dignità
giuridica e civile che tante volte mi pare persa. “Non era mai accaduto che scienziati e tecnici incaricati di valutare il
rischio sismico venissero condannati in primo grado per omicidio e rischiassero
di pagare con la prigione per le troppe cose andate storte nel corso di un
terremoto che nessuno poteva prevedere. Al posto di costruttori che hanno
costruito male, al posto delle autorità che non hanno vigilato sul rispetto
delle norme antisismiche. In questi anni tanti sismologi di tutto il mondo
hanno seguito con incredulità quel che accadeva in Italia”. Così, fra
l’altro, scrive, sacrosantamente, Anna Meldolesi in un commento sul Corriere della sera di oggi, nell’ovvio
“rispetto del dolore della città e dei
familiari delle vittime”. Onore ai giudici di L’Aquila e al loro –
certamente sofferto – distacco dalle esigenze della piazza.
Roma,
11 novembre 2014
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